martedì 8 settembre 2015
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​Zang tumb tumb. Voi state sfogando tutto il vostro talento su un batteria improvvisata con scatole, coperchi e tutto ciò che possa essere percosso senza andare in frantumi. Come sfondo c’è la mamma che grida disperata: «Piantala con tutto questo rumore». Eppure a voi piace, trovate in questo fracasso qualcosa di bello. È “musica” per le vostre orecchie! La nostra abitudine distingue  tra “suono” e “rumore”: il primo è qualcosa di gradevole, il secondo di fastidioso. Questa differenza ha anche una base di tipo scientifico. Ogni “fenomeno acustico”, ossia ogni cosa che sentiamo con le nostre orecchie, nasce da una vibrazione. Lo capiamo facilmente se pensiamo alla corda di una chitarra o alla pelle di un tamburo. Altre volte a vibrare è l’aria, compressa all’interno di tubi di diverso materiale: questo accade nei flauti, nelle trombe o quando soffiamo in una bottiglia. Poi attraverso l’aria tutte queste vibrazioni si propagano e giungono fino a noi. Il suono, infatti, è una vera e propria onda. Ed è la forma dell’onda a determinare il tipo di suono. Ogni materiale vibra in modo diverso, così come lo fa vibrare diversamente il modo in cui lo colpisco, pizzico o strofino. Tutte queste differenze si traducono in onde sonore diverse. Ecco perché alle nostre orecchie arrivano una moltitudine infinita di “fenomeni acustici”. Se, vibrando, un materiale emette onde di forma regolare allora sentiremo un “suono”. Più l’onda è “perfetta”, più il suono sarà“bello”. Se invece la vibrazione produce onde scomposte, impazzite, allora sentiremo un “rumore”. Ecco perché se provate a suonare uno strumento musicale come un violino o una tromba senza sapere come si fa, ne tirerete fuori miagolii da brivido o pernacchie. E che dire di chi pensa di saper cantare e invece starnazza? Roba da spaccare i timpani! La musica, di solito, è fatta di suoni. Un mare di onde che si incontrano, si accavallano, si sposano. Un’orchestra che dà vita a una sinfonia avvolgente, la voce calda di una mamma che canta la ninna nanna... Ma abbiamo detto “di solito”. Innanzituto perché in altre culture, lontane dalla nostre, incontriamo “suoni” che al primo impatto tenderemmo a definire “rumori”. E poi anche in Occidente chi fa musica – come i bambini nei loro giochi – ha imparato a riconoscere la bellezza di un rumore che, usato al momento giusto, aggiunge un sapore altrimenti impossibile da ottenere. Oggi di rumori ne troviamo ovunque, anche nei dischi dei cantanti più tradizionali. Ma c’è persino chi ha provato a comporre musiche fatte solo di rumori. I primi sono stati i “futuristi”, un gruppo di artisti che vissero giusto un secolo fa. Uno di loro si inventò un nuovo strumento, una macchina colossale fatta di scatoloni di legno e di altoparlanti a tromba. Il suo nome era tutto un programma: l’Intonarumori.
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