martedì 20 ottobre 2015
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Chissà quante volte avete letto o ascoltato due espressioni inglesi, jobs act e spending review, scritte sui giornali o pronunciate da personaggi politici durante i telegiornali e i dibattiti televisivi. Significano, rispettivamente, “legge sul lavoro” e “taglio della spesa”. Come mai, direte voi, invece di usare la lingua italiana gli economisti, i politici, i giornalisti  si servono della lingua inglese? Si tratta di un’abitudine che ha origini lontane: le parole straniere si sono sempre usate. Nel Settecento e nell’Ottocento era di gran moda il francese (fu allora che si diffusero parole come bignè, comò, ragù, ecc.). All’inizio del Novecento le parole inglesi arrivavano soprattutto dalla Gran Bretagna; poi dalla fine della Seconda guerra mondiale, quasi tutte le parole inglesi (o meglio, angloamericane) sono arrivate dagli Stati Uniti. Questa influenza ha riguardato le parole della cultura, della musica, del cinema, dell’economia e della finanza e, negli ultimi vent’anni, dell’informatica. Usare parole inglesi quando sono utili e indispensabili va benissimo, perché permettono di comunicare con il resto del mondo. Ma è meglio non usarle quando se ne può fare a meno. Certe volte gli economisti, i politici, i giornalisti preferiscono usare espressioni come jobs act o spending review non solo per pigrizia, ma perché certi provvedimenti, se sono nominati in inglese, sembrano meno antipatici, forse perché non se ne capisce fino in fondo il significato. Ma siamo tutti un po’ colpevoli, da questo punto di vista. Quante volte vi capita di dire location invece di “posto”? Vi siete mai chiesti perché? Perché quella parola va di moda (o, per dirla in inglese, è più trendy!) e si è imposta grazie a internet e alla rete. Dunque, facciamo un buon proposito: usiamo le parole inglesi solo quando è necessario, e mai per obbedire a una moda o per darci delle arie da saputelli. Ricordiamoci che siamo italiani e che la lingua italiana è il nostro vincolo più forte. Il buono stato di salute di una lingua dipende da ognuno di noi. Tutti – ministri, giornalisti, professori, studenti – possiamo contribuire a un buon uso dell’italiano. Facciamo un piccolo sforzo: da oggi in poi vogliamo rinunciare a due parole inglesi del tutto inutili? Se accettate di partecipare a questa sfida cominciate a sostituire, ogni volta che ve ne capiterà l’occasione, le parole inglesi snack con l’italiano “spuntino” e break con “pausa”. Volete fare questo test? (anzi, questa “prova”!).
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