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"L'aggressione armata di questi giorni, come ogni guerra, rappresenta un oltraggio a Dio, un tradimento blasfemo del Signore della Pasqua, un preferire al suo volto mite quello del falso dio di questo mondo". "Sempre la guerra è un'azione umana per portare all'idolatria del potere".
Sono le parole del Papa, al centro della catechesi di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata alla Pasqua.
“La pace che Gesù ci dà a Pasqua non è la pace che segue le strategie del mondo, il quale crede di ottenerla attraverso la forza, con le conquiste e con varie forme di imposizione”. “Questa pace, in realtà, è solo un intervallo tra le guerre: lo sappiamo bene”, il riferimento all’oggi: “La pace del Signore segue la via della mitezza e della croce: è farsi carico degli altri”.
“Cristo, infatti, ha preso su di sé il nostro male, il nostro peccato e la nostra morte”, ha ricordato Francesco: “Così ci ha liberati. Lui ha pagato per noi. La sua pace non è frutto di qualche compromesso, ma nasce dal dono di sé. Questa pace mite e coraggiosa, però, è difficile da accogliere. Infatti, la folla che osannava Gesù è la stessa che dopo pochi giorni grida ‘Crocifiggilo’ e, impaurita e delusa, non muove un dito per lui”.
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“C’è un modo come il mondo ci dà la pace e un modo come Dio ci dà la pace, sono due modalità diverse”. Francesco ha esordito soffermandosi sulla differenza tra la Domenica delle Palme e la Domenica di Pasqua, due domeniche che “si caratterizzano per la festa che viene fatta intorno a Gesù”. “Ma sono due feste diverse”, ha spiegato il Papa: “Domenica scorsa abbiamo visto Cristo entrare solennemente a Gerusalemme, come una festa, accolto come Messia: per lui vengono stesi sulla strada mantelli e rami tagliati dagli alberi. La folla esultante benedice a gran voce ‘colui che viene, il re’, e acclama: ‘Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli’. Quella gente festeggia perché vede nell’ingresso di Gesù l’arrivo di un nuovo re, che avrebbe portato pace e gloria. Ecco qual era la pace attesa da quella gente: una pace gloriosa, frutto di un intervento regale, quello di un messia potente che avrebbe liberato Gerusalemme dall’occupazione dei Romani. Altri, probabilmente, sognavano il ristabilimento di una pace sociale e vedevano in Gesù il re ideale, che avrebbe sfamato le folle di pani, come aveva già fatto, e operato grandi miracoli, portando così più giustizia nel mondo”.
“Ma Gesù non parla mai di questo”, l’obiezione di Francesco: “Ha davanti a sé una Pasqua diversa, non una Pasqua trionfale. L’unica cosa a cui tiene per preparare il suo ingresso a Gerusalemme è cavalcare ‘un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno’. Ecco come Cristo porta la pace nel mondo: attraverso la mansuetudine e la mitezza, simboleggiate da quel puledro legato, su cui nessuno era salito. Nessuno, perché il modo di fare di Dio è diverso da quello del mondo. Gesù, infatti, appena prima di Pasqua, spiega ai discepoli: ‘Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi’. Sono due modalità diverse: c’è un modo come il mondo ci dà la pace e un modo come Dio ci dà la pace, sono diverse”.
“Ecco l’inganno che si ripete nella storia, la tentazione di una pace falsa, basata sul potere, che poi conduce all’odio e al tradimento di Dio. E ha tanta amarezza nell’anima”. Così il Papa ha commentato “un grande racconto di Dostoevskij”, la Leggenda del Grande Inquisitore, definita “sempre attuale”. Alla fine de I fratelli Karamazov, ha ricordato infatti Francesco nella catechesi, dedicata alla Pasqua, “si narra di Gesù che, dopo vari secoli, torna sulla Terra. Subito è accolto dalla folla festante, che lo riconosce e lo acclama: ‘Ah sei tornato, vieni con noi!’. Ma poi viene arrestato dall’Inquisitore, che rappresenta la logica mondana. Questi lo interroga e lo critica ferocemente.
Il motivo finale del rimprovero è che Cristo, pur potendo, non ha mai voluto diventare Cesare, il più grande re di questo mondo, preferendo lasciare libero l’uomo anziché soggiogarlo e risolverne i problemi con la forza. Avrebbe potuto stabilire la pace nel mondo, piegando il cuore libero ma precario dell’uomo in forza di un potere superiore, ma non ha voluto, ha rispettato la nostra libertà”. “Tu – dice l’Inquisitore a Gesù –, accettando il mondo e la porpora dei Cesari, avresti fondato il regno universale e dato la pace universale”, la citazione del Papa: “e con sentenza sferzante conclude: ‘Se c’è qualcuno che ha meritato più di tutti il nostro rogo, sei proprio Tu’. Alla fine, l’Inquisitore vorrebbe che Gesù ‘gli dicesse qualche cosa, magari anche qualche cosa di amaro, di terribile’. Ma Cristo reagisce con un gesto dolce e concreto: ‘gli si avvicina in silenzio, e lo bacia dolcemente sulle vecchie labbra esangui’”.
Francesco: la pace di Gesù non è mai una pace armata, mai
“La pace di Gesù non sovrasta gli altri, non è mai una pace armata, mai!” ha esclamato il Papa, che nella parte finale dell’udienza di oggi, pronunciata in Aula Paolo VI, si è riferito ancora una volta alla guerra in Ucraina, come aveva fatto a più riprese dall’inizio del suo discorso.
“Le armi del Vangelo sono la preghiera, la tenerezza, il perdono e l’amore gratuito al prossimo, l’amore a ogni prossimo”, ha ribadito il Papa: “È così che si porta la pace di Dio nel mondo”. “Ecco perché l’aggressione armata di questi giorni, come ogni guerra, rappresenta un oltraggio a Dio, un tradimento blasfemo del Signore della Pasqua, un preferire al suo volto mite quello del falso dio di questo mondo”, il monito per il conflitto in atto: “Sempre la guerra è un’azione umana per portare all’idolatria del potere”, ha aggiunto Francesco a braccio. “Gesù, prima della sua ultima Pasqua, disse ai suoi: ‘Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore’”, ha ricordato il Papa: “Sì, perché mentre il potere mondano lascia solo distruzione e morte – lo abbiamo visto in questo giorni – la sua pace edifica la storia, a partire dal cuore di ogni uomo che la accoglie”. “Pasqua è allora la vera festa di Dio e dell’uomo, perché la pace, che Cristo ha conquistato sulla croce nel dono di sé, viene distribuita a noi”, ha affermato Francesco: “Perciò il Risorto, il giorno di Pasqua, appare ai discepoli e ripete: ‘Pace a voi!’: questo è il saluto di Cristo vincitore, di Cristo risorto”. “Pasqua significa passaggio”, ha concluso il Papa: “È, soprattutto quest’anno, l’occasione benedetta per passare dal dio mondano al Dio cristiano, dall’avidità che ci portiamo dentro alla carità che ci fa liberi, dall’attesa di una pace portata con la forza all’impegno di testimoniare concretamente la pace di Gesù. Mettiamoci davanti al Crocifisso, sorgente della nostra pace, e chiediamogli la pace del cuore e la pace nel mondo”.
Ai fedeli polacchi: la Pasqua è una festa di famiglia, aprendo le vostre case agli ucraini, siete diventati loro familiari
“Quest’anno celebrerete in modo speciale la Settimana Santa e la Pasqua: insieme a molti ospiti ucraini”. È il saluto del Papa ai pellegrini polacchi, al termine dell’udienza di oggi. “La Pasqua è una festa di famiglia e voi, aprendo a loro le vostre case, siete diventati loro famigliari”, l’omaggio di Francesco: “Anche se la maggior parte di essi celebrerà queste feste una settimana più tardi, secondo la tradizione orientale, già ora tutti voi insieme contemplate il Crocifisso, e aspettate la risurrezione di Cristo e la pace in Ucraina”.
Molti i giovani presenti oggi in Aula Paolo VI, che si sono fatti sentire con le loro acclamazioni di gioia. Francesco li ha salutati in modo particolare: “Dove ci sono i giovani c’è sempre rumore”, ha detto ai giovani francesi e belgi: “E questo è bello”. Diversi i riferimenti al tema della pace, presente nella catechesi: “Chiediamogli questo dono del quale il mondo ha tanto bisogno”, l’invocazione pronunciata durante il saluto ai fedeli portoghesi.
IL VIDEO DELLA CATECHESI