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“Noi facciamo fatica a metterci a nudo, a fare la verità. Sempre cerchiamo di coprire la verità perché non ci piace la verità”. Cosi si è espresso, a braccio, il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata a “Il Crocifisso: sorgente di speranza”. “Delle volte noi siamo tanto abituati a dirci delle falsità che conviviamo con le falsità come se fossero verità, e noi finiamo avvelenati dalle nostre falsità”, la denuncia a braccio.
“Ci rivestiamo di esteriorità che ricerchiamo e curiamo, di maschere per camuffarci e mostrarci migliori di come siamo”, ha spiegato Francesco: “È un po’ l’abitudine del maquillage: maquillage anche interiore, per sembrare migliore degli altri. Pensiamo che l’importante sia ostentare, apparire, così che gli altri dicano bene di noi. E ci addobbiamo di apparenze, di cose superflue, ma così non troviamo pace. Poi il maquillage se ne va, e tu ti guardi allo specchio con la faccia brutta che hai, ma quella vera, quella che Dio ama, non quella ‘maquillata’”.
“Gesù spogliato di tutto ci ricorda che la speranza rinasce col fare verità su di noi”, ha spiegato Francesco: “Dì la verità a te stesso. Col lasciar cadere le doppiezze, col liberarci dalla pacifica convivenza con le nostre falsità”.
“Senza speranza non si può vivere” ha ribadito, a braccio, il Papa, nella catechesi dedicata a “Il Crocifisso: sorgente di speranza”. “La speranza di Dio nasce e rinasce nei buchi neri delle nostre attese deluse”, ha assicurato Francesco: “ed essa, la speranza vera, non delude mai. Pensiamo proprio alla croce: dal più terribile strumento di tortura Dio ha ricavato il segno più grande dell’amore. Quel legno di morte, diventato albero di vita, ci ricorda che gli inizi di Dio cominciano spesso dalle nostre fini: così egli ama operare meraviglie”. “Oggi, allora, guardiamo l’albero della croce perché germogli in noi la speranza”, l’invito: “quella virtù quotidiana, quella virtù silenziosa e umile ma che ci mantiene in piedi, che ci aiuta ad andare avanti”.
“Pensiamo: dov’è la mia speranza, per essere guariti dalla tristezza”, l’esortazione ancora a braccio. “Ma quanta gente triste!”, ha esclamato il Papa, che ha raccontato fuori testo: “Quando potevo andare per le strade, adesso non mi lasciano, nell’altra diocesi, mi piaceva notare lo sguardo gente: quanti sguardi tristi, quanta gente triste, che parlava con se tessa, col telefonino soltanto ma senza pace”. “Ci vuole un po’ di speranza per essere guariti dalla tristezza di cui siamo la siamo malati, per essere guariti dall’amarezza con cui inquiniamo la Chiesa e il mondo. Guardiamo il Crocifisso. E che cosa vediamo? Vediamo Gesù nudo, spogliato, ferito, tormentato: è la fine di tutto. Lì c’è la nostra speranza”.
“Dov’è la tua speranza? Tu hai una speranza viva o l’hai sigillata, l’hai tenuta nel cassetto come un ricordo? La speranza ti spinge a camminare o è un ricordo romantico, come se fosse una cosa che non esiste?” ha chiesto, a braccio, il Papa, nella catechesi. “Nella mente dei discepoli rimaneva fissa un’immagine: la croce”, il riferimento alla Passione: ”Lì si concentrava la fine di tutto. Ma di lì a poco avrebbero scoperto proprio nella croce un nuovo inizio”. Con la Passione del Signore, ha fatto notare Francesco, “tutto sembra finito”: “Per i discepoli di Gesù quel macigno segna il capolinea della speranza. Il Maestro è stato crocifisso, ucciso nel modo più crudele e umiliante, appeso a un patibolo infame fuori dalla città: un fallimento pubblico, il peggior finale possibile”. “Ora, quello sconforto che opprimeva i discepoli non è del tutto estraneo a noi oggi”, ha attualizzato il Papa: “Anche in noi si addensano pensieri cupi e sentimenti di frustrazione: perché tanta indifferenza verso Dio? È curioso, questo. Perché tanto male nel mondo? Guardate che c’è il male nel mondo. Perché le disuguaglianze continuano a crescere e la sospirata pace non arriva?”. “Perché siamo così attaccati alla guerra, al farsi male l’uno con l’altro?”, si è chiesto a braccio Francesco: “E nei cuori di ognuno, quante attese svanite, quante delusioni! E ancora, quella sensazione che i tempi passati fossero migliori e che nel mondo, magari pure nella Chiesa, le cose non vadano come una volta… Insomma, anche oggi la speranza sembra a volte sigillata sotto la pietra della sfiducia”.
“Gesù è ferito nel corpo e nell’anima. In che modo ciò aiuta la nostra speranza? Gesù nudo, privo di tutto, cosa dice alla mia speranza?”. A chiederselo è stato il Papa oggi in piazza San Pietro. “Anche noi siamo feriti”, ha proseguito Francesco: “chi non lo è nella vita, tante volte con ferite nascoste per la vergogna? Chi non porta le cicatrici di scelte passate, di incomprensioni, di dolori che restano dentro e si fatica a superare? Ma anche di torti subiti, di parole taglienti, di giudizi inclementi?”. “Dio non nasconde ai nostri occhi le ferite che gli hanno trapassato il corpo e l’anima”, ha fatto notare il papa: “Le mostra per farci vedere che a Pasqua si può aprire un passaggio nuovo: fare delle proprie ferite dei fori di luce. ‘Ma santità, non esagerare!’ ‘Prova a farlo, pensa alle tue ferite, quelle che tu solo sai, che ognuno ha nascoste nel cuore e guarda al Signore e vedrai come da quelle ferite escono fori di luce. Gesù in croce non recrimina, ama. Ama e perdona chi lo ferisce. Così converte il male in bene, così trasforma il dolore in amore”. “Il punto non è essere feriti poco o tanto dalla vita, ma cosa fare delle mie ferite, le piccoline, le grandi, quelle che lasceranno un segno nel mio cuore nella mia anima sempre”, ha argomentato Francesco: “’No, padre, io non he ho ferite!’ ‘Stai attento, pensa due volte a dirlo’. Cosa fai con quelle ferite, quelle che solo tu sai? Posso lasciarle infettare nel rancore e nella tristezza oppure posso unirle a quelle di Gesù, perché anche le mie piaghe diventino luminose”.
“In questa Santa Settimana della Passione di Cristo, commemorando la sua morte ingiusta, ricordo in modo particolare tutte le vittime dei crimini di guerra e, mentre invito a pregare per loro, eleviamo una supplica a Dio affinché i cuori di tutti si convertano”. È l’appello del Papa al termine dell’udienza di oggi, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì in piazza San Pietro. “Guardando Maria, la Madonna, davanti la Croce – ha proseguito Francesco – il mio pensiero va alle mamme dei soldati ucraini e russi che sono caduti nella guerra. Sono mamme di figli morti. Preghiamo per queste mamme. E non dimentichiamo di pregare per la martoriata Ucraina”.
IL VIDEO DELLA CATECHESI