Papa Francesco al Muro del pianto (Gerusalemme) nel maggio 2014 - Vatican media
«Siamo profondamente grati per la fiducia e lo spirito di amicizia con cui il Papa, e con lui l’intera Chiesa, ha voluto riaffermare la speciale relazione che unisce le nostre comunità, cattolica ed ebraica». Intervistata dall’Osservatore Romano, Karma Ben Johanan, teologa del dialogo ebraico-cristiano, risponde così alla lettera indirizzata «ai fratelli e alle sorelle ebrei di Israele», inviatale da papa Francesco e datata 2 febbraio. Messaggio in cui il Pontefice sottolinea come il rapporto che lega la Chiesa al popolo di Israele sia «particolare e singolare, senza mai oscurare, naturalmente, il rapporto che ha con gli altri, e l’impegno anche nei loro confronti». Dal Papa la vicinanza a tutti i popoli che e abitano la Terra Santa, israeliani e palestinesi, e la preghiera «perché prevalga su tutti il desiderio della pace». Karma Ben Johanan è una delle circa 400 tra firmatarie e firmatari, rabbini e studiosi che nelle scorse settimana lanciarono un appello al Papa per il consolidamento dell’amicizia ebraico-cristiana dopo la tragedia del 7 ottobre, data dell’aggressione di Hamas a Israele. Di seguito, in una traduzione non ufficiale, il testo della lettera inviata dal Papa.
Stiamo vivendo un momento di grande travaglio. Le guerre e le divisioni si moltiplicano in tutto il mondo. Siamo veramente, come ho detto qualche tempo fa, nel mezzo di una sorta di "guerra mondiale frammentaria", con gravi conseguenze sulla vita di molte popolazioni.
Purtroppo, anche la Terra Santa non è stata risparmiata da questo dolore e dal 7 ottobre è stata gettata in una spirale di violenza inaudita. Il mio cuore è straziato alla vista di ciò che sta accadendo in Terra Santa, dalla forza di tanta divisione e di tanto odio.
Il mondo intero guarda a ciò che sta accadendo in quella terra con apprensione e dolore. Sono sentimenti che esprimono una particolare vicinanza e affetto per i popoli che abitano la terra che ha visto la storia della rivelazione.
Purtroppo, però, bisogna constatare che questa guerra ha prodotto anche atteggiamenti divisivi nell'opinione pubblica mondiale e posizioni divisorie, che talvolta hanno assunto la forma dell'antisemitismo e dell'antigiudaismo. Non posso che ribadire ciò che anche i miei predecessori hanno più volte chiaramente affermato: il rapporto che ci lega a voi è particolare e singolare, senza mai oscurare, naturalmente, il rapporto che la Chiesa ha con gli altri e l'impegno anche nei loro confronti. Il cammino che la Chiesa ha percorso con voi, antico popolo dell'alleanza, rifiuta ogni forma di antigiudaismo e antisemitismo, condannando inequivocabilmente le manifestazioni di odio verso gli ebrei e l'ebraismo come peccato contro Dio. Insieme a voi, noi cattolici siamo molto preoccupati per il terribile aumento degli attacchi contro gli ebrei in tutto il mondo. Avevamo sperato che "mai più" sarebbe stato un ritornello sentito dalle nuove generazioni, ma ora vediamo che il cammino da percorrere richiede una collaborazione sempre più stretta per sradicare questi fenomeni.
Il mio cuore è vicino a voi, alla Terra Santa, a tutti i popoli che la abitano, israeliani e palestinesi, e prego affinché il desiderio di pace prevalga in tutti. Voglio che sappiate che siete vicini al mio cuore e al cuore della Chiesa. Alla luce delle numerose comunicazioni che mi sono state inviate da vari amici e organizzazioni ebraiche di tutto il mondo e alla luce della vostra stessa lettera, che ho molto apprezzato, sento il desiderio di assicurarvi la mia vicinanza e il mio affetto. Mi stringo a ciascuno di voi, in particolare a coloro che sono consumati dall'angoscia, dal dolore, dalla paura e persino dalla rabbia. Le parole sono così difficili da formulare di fronte a una tragedia come quella che si è verificata negli ultimi mesi. Insieme a voi, piangiamo i morti, i feriti, i traumatizzati, implorando Dio Padre di intervenire e porre fine alla guerra e all'odio, a questi cicli incessanti che mettono in pericolo il mondo intero. In modo particolare preghiamo per il ritorno degli ostaggi, rallegrandoci per quelli che sono già tornati a casa e pregando che tutti gli altri li raggiungano presto.
Vorrei anche aggiungere che non dobbiamo mai perdere la speranza in una pace possibile e che dobbiamo fare tutto il possibile per promuoverla, rifiutando ogni forma di disfattismo e di sfiducia. Dobbiamo guardare a Dio, unica fonte di speranza certa. Come ho detto dieci anni fa: "La storia insegna che le nostre forze non bastano. Più di una volta siamo stati sul punto di raggiungere la pace, ma il maligno, con diversi mezzi, è riuscito a bloccarla. Per questo siamo qui, perché sappiamo e crediamo di aver bisogno dell'aiuto di Dio. Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma facciamo appello a Dio in un atto di suprema responsabilità davanti alle nostre coscienze e ai nostri popoli. Abbiamo sentito un richiamo e dobbiamo rispondere. È la chiamata a spezzare la spirale dell'odio e della violenza, e a spezzarla con una sola parola: la parola "fratello". Ma per poter pronunciare questa parola dobbiamo alzare gli occhi al cielo e riconoscerci reciprocamente come figli di un unico Padre" (Giardino Vaticano, 8 giugno 2014).
In tempi di desolazione, abbiamo grandi difficoltà a vedere un orizzonte futuro in cui la luce sostituisca le tenebre, in cui l'amicizia sostituisca l'odio, in cui la cooperazione sostituisca la guerra. Tuttavia, noi, come ebrei e cattolici, siamo testimoni proprio di questo orizzonte. E dobbiamo agire, partendo innanzitutto dalla Terra Santa, dove insieme vogliamo lavorare per la pace e la giustizia, facendo tutto il possibile per creare relazioni capaci di aprire nuovi orizzonti di luce per tutti, israeliani e palestinesi.
Insieme, ebrei e cattolici, dobbiamo impegnarci in questo cammino di amicizia, solidarietà e cooperazione nel cercare le vie per riparare un mondo distrutto, lavorando insieme in ogni parte del mondo, e specialmente in Terra Santa, per recuperare la capacità di vedere nel volto di ogni persona l'immagine di Dio, nella quale siamo stati creati.
Abbiamo ancora molto da fare insieme per assicurare che il mondo che lasciamo a coloro che verranno dopo di noi sia un mondo migliore, ma sono sicuro che saremo in grado di continuare a lavorare insieme verso questo obiettivo.
Vi abbraccio fraternamente,
Francesco