Il Papa nel palazzo presidenziale di Atene - Ansa
«Qui è nata la democrazia, ma oggi è in pericolo». Papa Francesco parla dalla Grecia. E da qui, oggi, da Atene, «dall’Occidente che da qui è sorto», dalla «culla della civiltà» patria della polis, nel Paese che «può essere definito la memoria d’Europa», il Pontefice non poteva che rivolgersi all’Unione Europea. Partendo dalle sue fondamenta democratiche che oggi rischiano di essere minate: da un «autoritarismo sbrigativo», dalle «facili rassicurazioni proposte dai populismi», da «società, preoccupate della sicurezza e anestetizzate dal consumismo»; forme che tutte portano «a una sorta di “scetticismo democratico”». E quindi, per il Papa, portano a un «arretramento della democrazia».
Nel suo primo appuntamento al Palazzo presidenziale della Repubblica ellenica, davanti alla Presidente della Grecia, Ekaterini Sakellaropoulou e alle autorità politiche e civili, Francesco ha voluto così mettere il dito sulle fondamenta della nostra società. Ricordando anzitutto le basi della democrazia e della buona politica, in quanto «arte del bene comune».
Qui, ha ricordato ancora il Papa, secondo la nota affermazione di Socrate, si è iniziato a sentirsi cittadini non solo della propria patria, ma del mondo intero. E, citando Aristotele, ha ricordato nuovamente che qui l’uomo ha preso coscienza di essere “un animale politico” e, che, «in quanto parte di una comunità, ha visto negli altri non dei sudditi, ma dei cittadini, con i quali organizzare insieme la polis».
«Qui è nata la democrazia. La culla, millenni dopo, è diventata una casa, una grande casa di popoli democratici: mi riferisco all’Unione Europea e al sogno di pace e fraternità che rappresenta per tanti popoli» ha detto. Ma se da qui «gli orizzonti dell’umanità si sono dilatati», il Papa ha pure ripetuto che la partecipazione di tutti è un’esigenza fondamentale; «non solo – ha sottolineato – per raggiungere obiettivi comuni, ma perché risponde a quello che siamo: esseri sociali, irripetibili e al tempo stesso interdipendenti».
Il discorso tenuto al Palazzo presidenziale, dopo l’incontro con la presidente della Grecia, sembra porsi senza soluzioni di continuità con quanto aveva già profilato nel suo discorso al conferimento del Premio Carlo Magno del 2016, discorso nel quale aveva menzionato i progetti dei Padri fondatori dell’Europa. Progetti che non sono superati, e ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri, come aveva già ampiamente rilevato esprimendo sintonia con l’invito «a porre coraggiosamente basi nuove, fortemente radicate» e riprendendo uno dei Padri Fondatori dell’Europa, Alcide De Gasperi, affinché tutti siano «egualmente animati dalla preoccupazione del bene comune delle nostre patrie europee, della nostra Patria Europa». Ed è tornato anche qui a citare De Gasperi, nel discorso che questi aveva tenuto a Milano nel 1949: «Si parla molto di chi va a sinistra o a destra, ma il decisivo è andare avanti e andare avanti vuol dire andare verso la giustizia sociale».
E questa è per il Papa la direzione da seguire, come antidoto alle «polarizzazioni che animano la democrazia» e che «rischiano di esasperarla». Un cambio di passo è perciò necessario per il Papa «mentre, amplificate dalla comunicazione virtuale, si diffondono ogni giorno paure e si elaborano teorie per contrapporsi agli altri. Aiutiamoci invece a passare dal parteggiare al partecipare – ha affermato – dall’impegnarsi solo a sostenere la propria parte al coinvolgersi attivamente per la promozione di tutti».
Una motivazione che deve sospingere su vari fronti: al clima, alla pandemia, al mercato comune, alle povertà diffuse, fino al diritto alla cura e alle cure per tutti e alla responsabilità e la crescita di una cultura del rispetto. "Va sempre privilegiato il diritto alla cura e alle cure per tutti - ha scandito il Papa - , affinché i più deboli, in particolare gli anziani, non siano mai scartati: che gli anziani non siano le persone privilegiate per la cultura dello scarto. Gli anziani sono il segno della saggezza di un popolo. La vita è infatti un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata".
Tutte sfide che «chiedono di collaborare concretamente e attivamente». Una necessità di cui ha bisogno la comunità internazionale, «per aprire vie di pace attraverso un multilateralismo che non venga soffocato da eccessive pretese nazionaliste». E «ne ha bisogno la politica, per porre le esigenze comuni davanti agli interessi privati». Non è un’utopia ma «l’unica via», per l’ «Unione Europea e al sogno di pace e fraternità che rappresenta per tanti popoli».
Da parte sua la presidente Sakellaropoulou, ricordando la precedente visita del Papa a Lesvos, ha ringraziato il Papa anche per aver riconosciuto l’umanità dei greci per il «peso sproporzionato che hanno sopportato per la crisi migratoria». E ha così voluto sottolineare la profonda sensibilità sociale che caratterizza l’opera del Papa: «Alimentando la condivisione e la riconciliazione tra le società e rimuovendo pregiudizi obsoleti e muri culturali del passato, lei ha costantemente sostenuto la legittimità internazionale e lo stato di diritto, i princìpi fondamentali che sono alla base della democrazia liberale, che anche la Grecia abbraccia e difende».
Il Papa con la presidente greca - Reuters
«Duecento anni fa, il Governo provvisorio del Paese, posto nel cuore del Mediterraneo per essere ponte tra le genti, si rivolse ai cattolici con parole toccanti: “Cristo ha comandato l’amore per il prossimo – ha infine detto papa Francesco – Ma chi a noi è più prossimo di voi, nostri concittadini, benché ci siano alcune differenze nei riti? Noi abbiamo l’unica patria, siamo di un unico popolo; noi cristiani siamo fratelli per la santa croce”».
Essere fratelli nel segno della croce, in questo Paese benedetto dalla fede e dalle sue tradizioni cristiane, esorta tutti i credenti in Cristo a coltivare la comunione a ogni livello, nel nome di quel Dio che tutti abbraccia con la sua misericordia».