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“Non si deve mai uccidere in nome di Dio, perché per lui siamo tutti fratelli e sorelle. Ma insieme si può dare la vita per gli altri. Preghiamo dunque, perché non ci stanchiamo di dare testimonianza al Vangelo anche in tempo di tribolazione”. Così papa Francesco ha concluso la catechesi dell’udienza generale di oggi, pronunciata in piazza San Pietro e dedicata alla testimonianza dei martiri. “Tutti i santi e le sante martiri siano semi di pace e di riconciliazione tra i popoli per un mondo più umano e fraterno, nell’attesa che si manifesti in pienezza il Regno dei cieli, quando Dio sarà tutto in tutti”, l’auspicio finale, dopo la citazione della testimonianza cristiana offerta nello Yemen, “una terra da molti anni ferita da una guerra terribile, dimenticata, che ha fatto tanti morti e che ancora oggi fa soffrire tanta gente, specialmente i bambini”. “Proprio in questa terra ci sono state luminose testimonianze di fede, come quella delle suore Missionarie della Carità, che hanno dato la vita, ancora oggi, ma vanno avanti”, l’omaggio del Papa: “Ancora oggi esse sono presenti nello Yemen, dove offrono assistenza ad anziani ammalati e a persone con disabilità. Accolgono tutti, di qualsiasi religione, perché la carità e la fraternità non hanno confini”.
“Nel luglio 1998 Suor Aletta, Suor Zelia e Suor Michael, mentre tornavano a casa dopo la Messa sono state uccise da un fanatico, perché erano cristiane”, ha ricordato Francesco: “Più recentemente, poco dopo l’inizio del conflitto ancora in corso, nel marzo 2016, Suor Anselm, Suor Marguerite, Suor Reginette e Suor Judith sono state uccise insieme ad alcuni laici che le aiutavano nell’opera della carità tra gli ultimi. Sono i martiri del nostro tempo”. “Tra questi laici uccisi, oltre ai cristiani c’erano fedeli musulmani che lavoravano con le suore”, ha fatto notare il Papa: “Ci commuove vedere come la testimonianza del sangue possa accomunare persone di religioni diverse”.
Nella prima parte della catechesi il Papa aveva spiegato che “i martiri non vanno visti come eroi che hanno agito individualmente, come fiori spuntati in un deserto, ma come frutti maturi ed eccellenti della vigna del Signore, che è la Chiesa”. Dopo la generazione degli Apostoli, “sono stati loro, per eccellenza, i testimoni del Vangelo”, ha ricordato Francesco: “Il primo fu il diacono Stefano, lapidato fuori dalle mura di Gerusalemme”. La parola “martirio”, ha sottolineato Francesco, “deriva dal greco martyria, che significa proprio testimonianza. Un martire è un testimone, è uno che dà testimonianza. Tuttavia, ben presto nella Chiesa si è usata la parola martire per indicare chi dava testimonianza fino all’effusione del sangue”. In particolare, i cristiani, “partecipando assiduamente alla celebrazione dell’Eucaristia, erano condotti dallo Spirito a impostare la loro vita sulla base di quel mistero d’amore: cioè sul fatto che il Signore Gesù aveva dato la sua vita per loro, e dunque anche loro potevano e dovevano dare la vita per Lui e per i fratelli”. “Una grande generosità il cammino di testimonianza cristiana”, ha aggiunto a braccio il Papa. “Sant’Agostino sottolinea spesso questa dinamica di gratitudine e di gratuito contraccambio del dono”, ha osservato a proposito del modo in cui quest’ultimo descriveva la figura di San Lorenzo, che “amò Cristo nella sua vita, lo imitò nella sua morte”.
L'appello per la martoriata Ucraina
“Perseveriamo nella vicinanza e nella preghiera per la cara e martoriata Ucraina, che continua a sopportare terribili sofferenze”. È l’ennesimo appello del Papa, pronunciato al termine dell’udienza di oggi, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana.
IL VIDEO DELLA CATECHESI