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“L’eroismo non è soltanto quello dei grandi eventi che cadono sotto i riflettori: spesso si trova nella tenacia dell’amore riversato in una famiglia difficile e a favore di una comunità minacciata”. Così il Papa si è espresso all’udienza generale in piazza San Pietro.
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Nel discorso in lingua italiana, il Pontefice, continuando il ciclo di catechesi sulla vecchiaia, ha incentrato la sua riflessione sul tema: “Giuditta. Una giovinezza ammirevole, una vecchiaia generosa”. La donna aveva difeso Israele dai nemici. “Dopo la grande avventura che la vede protagonista, Giuditta torna a vivere nella sua città, Betulia, dove vive una bella vecchiaia fino a centocinque anni – ha ricordato il Papa -. Si potrebbe dire che era giunto per lei il tempo della pensione, come arriva per molte persone: a volte dopo un’intensa vita di lavoro, a volte dopo un’esistenza avventurosa, o di grande dedizione”.
Ricordando che “non è raro, oggi, avere tanti anni ancora da vivere dopo la stagione del pensionamento”, Francesco si è chiesto “come interpretare, come far fruttare questo tempo che abbiamo a disposizione?”. “La prospettiva della pensione coincide per molti con quella di un meritato e desiderato riposo da attività impegnative e faticose – ha osservato -. Ma accade anche che la fine del lavoro rappresenti una fonte di preoccupazione e sia atteso con qualche trepidazione: ‘Che farò adesso che la mia vita si svuoterà di ciò che l’ha riempita per tanto tempo?'”, ha aggiunto ricordando un passaggio del messaggio per la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani diffuso martedì.
Nelle parole del Papa c’è la consapevolezza che “il lavoro quotidiano significa anche un insieme di relazioni, la soddisfazione di guadagnarsi da vivere, l’esperienza di avere un ruolo, una meritata considerazione, un tempo pieno che va al di là del semplice orario di lavoro”. “Certo, c’è l’impegno, gioioso e faticoso, di accudire i nipoti; ma sappiamo che oggi di figli ne nascono sempre meno, e i genitori sono spesso più distanti, più soggetti a spostamenti, con situazioni di lavoro e di abitazione non favorevoli. A volte sono anche più restii nell’affidare ai nonni spazi di educazione, concedendo solo quelli strettamente legati al bisogno di assistenza. Ci sono nuove esigenze, anche nell’ambito delle relazioni educative e parentali, che ci chiedono di rimodellare la tradizionale alleanza fra le generazioni”.
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“Per i nonni, una parte importante della loro vocazione è sostenere i figli nell’educazione dei bambini. I piccoli imparano la forza della tenerezza e il rispetto per la fragilità: lezioni insostituibili, che con i nonni sono più facili da impartire e da ricevere”, ha proseguito Francesco durante l’udienza generale in piazza San Pietro. “I nonni, da parte loro, imparano che la tenerezza e la fragilità non sono solo segni del declino: per i giovani, sono passaggi che rendono umano il futuro”, ha aggiunto.
Tornando a Giuditta, il Papa ha ricordato che “rimane vedova presto e non ha figli, ma, da anziana, è capace di vivere una stagione di pienezza e di serenità, nella consapevolezza di avere vissuto fino in fondo la missione che il Signore le aveva affidato”. “Per lei è il tempo di lasciare l’eredità buona della saggezza, della tenerezza, dei doni per la famiglia e la comunità: un’eredità di bene e non soltanto di beni. Quando si pensa all’eredità pensiamo a volte ai beni e non al bene che si è fatto e si è seminato che è la vera eredità che lasciamo”, ha aggiunto il Papa parlando a braccio. Dalle parole di Francesco emerge ancora un altro aspetto positivo della vecchiaia: “Da vecchi, si perde un po’ di vista ma lo sguardo interiore si fa più penetrante. Si diventa capaci di vedere cose che prima sfuggivano. È così: il Signore non affida i suoi talenti solo ai giovani e ai forti: ne ha per tutti, su misura di ciascuno. La vita delle nostre comunità deve saper godere dei talenti e dei carismi di tanti anziani, che per l’anagrafe sono già in pensione, ma che sono una ricchezza da valorizzare”.
Per raggiungere questo obiettivo, il Papa ha ricordato che “questo richiede, da parte degli anziani stessi, un’attenzione creativa e nuova, una disponibilità generosa”. “Le precedenti abilità della vita attiva perdono la loro parte di costrizione e diventano risorse di donazione: insegnare, consigliare, costruire, curare, ascoltare… Preferibilmente a favore dei più svantaggiati, che non possono permettersi alcun apprendimento o che sono abbandonati alla loro solitudine”. Infine, l’attenzione di Francesco alla vera eredità che debbono lasciare gli anziani: “L’eredità non dei soldi ma della saggezza seminata nei propri nipoti”.
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