sabato 18 giugno 2022
Incontrando i missionari comboniani, il Papa si sofferma sullo stile dell'annuncio del Vangelo che deve essere "mite, coraggioso, paziente, pieno di misericordia, affamato e assetato di giustizia"
Il Papa ha ricordato che grandi missionari, come Daniele Comboni, hanno vissuto “la loro missione sentendosi animati e ‘spinti’ dal Cuore di Cristo”. Questa “spinta” ha permesso loro di uscire e di andare “non solo oltre limiti e confini geografici, ma prima ancora oltre i loro stessi limiti personali”.

Il Papa ha ricordato che grandi missionari, come Daniele Comboni, hanno vissuto “la loro missione sentendosi animati e ‘spinti’ dal Cuore di Cristo”. Questa “spinta” ha permesso loro di uscire e di andare “non solo oltre limiti e confini geografici, ma prima ancora oltre i loro stessi limiti personali”. - Ansa

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Lo «stile dell’evangelizzare» deve essere «gioioso, mite, coraggioso, paziente, pieno di misericordia, affamato e assetato di giustizia, pacifico». «Insomma», deve essere «lo stile delle Beatitudini». Lo ribadisce Papa Francesco parlando ai partecipanti al capitolo generale dei missionari comboniani, nati dal carisma di San Daniele Comboni, ricevuti ieri in udienza.
All’inizio del discorso il Pontefice prende spunto dal tema del Capitolo: “Io sono la vite, voi i tralci. Radicati in Cristo insieme a Comboni”. E spiega che «la missione – la sua fonte, il suo dinamismo e i suoi frutti – dipende totalmente dall’unione con Cristo e dalla forza dello Spirito Santo». Gesù lo ha detto «chiaramente a quelli che aveva scelto come “apostoli”, cioè “inviati”: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5)». Il senso è che «noi possiamo fare tante cose: iniziative, programmi, campagne… tante cose; ma se non siamo in Lui, e se il suo Spirito non passa attraverso di noi, tutto quello che facciamo è nulla ai suoi occhi, cioè non vale nulla per il Regno di Dio».

Francesco quindi ricorda che «alcuni grandi missionari», cita Comboni e anche santa Francesca Cabrini, «hanno vissuto la loro missione sentendosi animati e “spinti” dal Cuore di Cristo, cioè dall’amore di Cristo». E questa “spinta” «ha permesso loro di uscire e di andare oltre: non solo oltre limiti e confini geografici, ma prima ancora oltre i loro stessi limiti personali».
Per il Papa «tratto essenziale del Cuore di Cristo è la misericordia, la compassione, la tenerezza». La misericordia, la tenerezza «è un linguaggio universale, che non conosce confini». Ma questo messaggio va portato «non tanto come singoli missionari, ma come comunità», e ciò «comporta che vada curato non solo lo stile personale, ma anche lo stile comunitario». A questo proposito Francesco osserva «con amarezza» che «tante volte troviamo che alcune comunità religiose sono un vero inferno, un inferno di gelosie, di lotta di potere… E l’amore dove sta? È curioso, queste comunità religiose hanno delle regole, hanno un sistema di vita…, ma manca l’amore. C’è tanta invidia, gelosie, lotta per il potere, e perdono il meglio, che è la testimonianza dell’amore, che è quello che attira la gente: l’amore fra noi, che non ci spariamo l’un l’altro ma andiamo sempre avanti».

E questo scopo, «affinché lo stile di vita della comunità dia buona testimonianza», sono importanti - ha evidenziato il Pontefice - anche i quattro aspetti sui quali sta lavorando il Capitolo: «la regola di vita, il cammino formativo, la ministerialità e la comunione dei beni».
«Mi preme rimarcare – ha quindi concluso il Papa – che anche qui, anche nell’impegno su questi quattro aspetti - tra loro interconnessi - bisogna che tutto si faccia nella docilità allo Spirito, così che le necessarie pianificazioni, i progetti, le iniziative, tutto risponda alle esigenze dell’evangelizzazione, e intendo anche allo stile dell’evangelizzare: che sia gioioso, mite, coraggioso, paziente, pieno di misericordia, affamato e assetato di giustizia, pacifico, insomma: lo stile delle Beatitudini. Questo conta».

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