Papa Francesco saluta un gruppo di fedeli arrivato dalla Cina in Mongolia - ANSA
Con la bandiera della Cina salutano composti il Papa mentre in sedia a rotelle entra nella Steppe Arene per la messa domenicale nella capitale mongola. Sono un gruppo di fedeli cattolici con il loro sacerdote che vengono dalla provincia dello Shanxi, dal nord della Cina continentale. Hanno fatto quindici ore in treno per arrivare a Ulan Bator per partecipare alla messa celebrata da Francesco. Accanto un colorato gruppo dal Vietnam agita i tipici cappelli a cono gridando: «Viva il Papa!». E non sono i soli. Insieme ai cattolici della Mongolia con i vescovi dell’Asia centro-orientale che prendono posto tra le fila dei celebranti, altri fedeli dai Paesi vicini, da Hong Kong, Macao, dalla Thailandia non hanno voluto perdere questo appuntamento. Il penultimo di questo viaggio apostolico in Mongolia. Fuori in confessionali di legno con lo sfondo del cielo delle periferia di Ulan Bator non sono pochi quelli che si attardano per il sacramento. Nella sua omelia il Papa ricorda che il cuore del cristianesimo non sta in nessuna forma di grandezza ma nella generosità che diventa dono per gli altri: «Nei deserti della vita siamo “nomadi di Dio”».
Duemila sono i cattolici accorsi e ascoltano il Papa pronunciare queste parole: «Sì, siamo pellegrini alla ricerca della felicità…Ci portiamo dentro una sete inestinguibile di felicità; siamo alla ricerca di un significato e una direzione della nostra vita, di una motivazione per le attività che portiamo avanti ogni giorno…» E ha continuato: «La fede cristiana risponde a questa sete; la prende sul serio; non la rimuove, non cerca di placarla con palliativi o surrogati. Perché in questa sete c’è il nostro grande mistero: essa ci apre al Dio vivente, al Dio Amore che ci viene incontro per farci figli suoi e fratelli e sorelle tra di noi». E poi ha ancora ricordato a fedeli della Mongolia che il cuore del cristianesimo non sta in nessuna forma di grandezza ma nella generosità che diventa dono per gli altri: «Non serve essere grandi, ricchi o potenti per essere felici. Solo l’amore ci disseta il cuore, solo l’amore guarisce le nostre ferite, solo l’amore ci dà la vera gioia. E questa è la via che Gesù ci ha insegnato e ha aperto per noi».
Al termine della celebrazione eucaristica papa Francesco rivolgendosi al cardinale Giorgio Marengo ha ringraziato la comunità e il popolo mongolo per il dono dell’amicizia che ha ricevuto in questi giorni.
E alla fine della messa, abbracciando il vescovo emerito di Hong Kong, il cardinale Tong, e il nuovo vescovo Chow (che sarà creato cardinale tra pochi giorni) manda un saluto ai cattolici cinesi. «Invio un caloroso saluto al nobile popolo cinese. A tutto il popolo auguro il meglio! E andare avanti, progredire sempre. E ai cattolici cinesi chiedo di essere buoni cristiani e buoni cittadini. Grazie».
Piccola storia del cattolicesimo in Mongolia
Il cristianesimo in Mongolia radici che risalgono almeno al X secolo, grazie alla diffusione fino all’Estremo Oriente di comunità nestoriane di tradizione siriaca. Dalle testimonianze del frate francescano Giovanni di Pian del Carpine inviato da Papa Innocenzo IV come ambasciatore alla corte del Khan nel 1245 si sa che l’antica capitale imperiale Karakorum, fondata nel 1235 era cosmopolita e multi-religiosa. Dopo la nascita della Repubblica Popolare Mongola, filo-sovietica, ogni presenza cristiana nel territorio fu cancellata fino al 1992, quando la nuova Repubblica di Mongolia ha riallacciato relazioni diplomatiche con la Santa Sede e venne eretta Missio sui iuris di Ulan Bator affidandola ai Missionari del Cuore Immacolato di Maria. A guidare la missione sin dai suoi inizi è stato il missionario filippino Wenceslao Padilla (scomparso nel 2018), nominato da San Giovanni Paolo II nel 2002 Vicario apostolico e quindi Prefetto apostolico di Ulan Bator nel 2003. Nel 1995 si contavano appena 14 cattolici mongoli. Da allora in costante aumento sono i battezzati in questo Paese di tradizione buddista unito a un numero crescente di giovani fedeli per il sacerdozio e la vita consacrata. Come spiegato dall’attuale Prefetto Apostolico di Ulan Bator, il cardinale missionario della Consolata italiano Giorgio Marengo, la storia della Chiesa in Mongolia in questi tre decenni si può suddividere orientativamente in tre fasi. La prima, dal 1992 al 2002, segnata da piccoli ma significativi progressi, soprattutto nel campo della promozione umana. Il secondo decennio che ha visto la nascita e il radicamento delle prime comunità cristiane locali, mentre il terzo decennio simboleggiato dall'ordinazione del primo sacerdote mongolo. Oggi, secondo dati aggiornati, si contano circa 1.500 battezzati nella Chiesa cattolica distribuiti in otto parrocchie e una cappella, un vescovo, 25 sacerdoti, 6 seminaristi, oltre 30 religiose, cinque religiosi non sacerdoti e 35 catechisti.