Papa Francesco celebra a Santa Marta - Ansa/Vatican Media
Nella Chiesa «purtroppo la corruzione è una storia ciclica, si ripete, poi arriva qualcuno che pulisce e rassetta, ma poi si ricomincia in attesa che arrivi qualcun altro a metter fine a questa degenerazione». Lo ha confidato papa Francesco in una lunga intervista concessa a Gian Marco Chiocci, direttore dell’agenzia AdnKronos, realizzata martedì 27 e pubblicata ieri.
«La Chiesa – racconta il Pontefice – è e resta forte ma il tema della corruzione è un problema profondo, che si perde nei secoli. All’inizio del mio pontificato andai a trovare Benedetto. Nel passare le consegne mi diede una scatola grande: “Qui dentro c’è tutto - disse -, ci sono gli atti con le situazioni più difficili, io sono arrivato fino a qua, sono intervenuto in questa situazione, ho allontanato queste persone e adesso…tocca a te”. Ecco, io non ho fatto altro che raccogliere il testimone di Papa Benedetto, ho continuato la sua opera».
Sui rapporti con il Papa emerito Francesco è netto: «Benedetto per me è un padre e un fratello, per lettera gli scrivo “filialmente e fraternamente”. Lo vado a trovare spesso» e «se recentemente lo vedo un po’ meno è solo perché non voglio affaticarlo. Il rapporto è davvero buono, molto buono, concordiamo sulle cose da fare. Benedetto è un uomo buono, è la santità fatta persona. Non ci sono problemi fra noi, poi ognuno può dire e pensare ciò che vuole. Pensi che sono riusciti perfino a raccontare che avevamo litigato, io e Benedetto, su quale tomba spettava a me e quale a lui».
Tornando al tema della corruzione nella Chiesa papa Bergoglio si rifà a Sant’Ambrogio. «La Chiesa – dice all’AdnKronos – è stata sempre una casta meretrix, una peccatrice. Diciamo meglio: una parte di essa, perché la stragrande maggioranza va in senso contrario, persegue la giusta via. Però è innegabile che personaggi di vario tipo e spessore, ecclesiastici e tanti finti amici laici della Chiesa, hanno contribuito a dissipare il patrimonio mobile e immobile non del Vaticano ma dei fedeli».
Secondo il Papa poi per «estirpare la malapianta» della corruzione «non ci sono strategie particolari, lo schema è banale, semplice, andare avanti e non fermarsi, bisogna fare passi piccoli ma concreti. Per arrivare ai risultati di oggi siamo partiti da una riunione di cinque anni fa su come aggiornare il sistema giudiziario, poi con le prime indagini ho dovuto rimuovere posizioni e resistenze, si è andati a scavare nelle finanze, abbiamo nuovi vertici allo Ior, insomma ho dovuto cambiare tante cose e tante molto presto cambieranno».
All’AdnKronos poi il Papa confessa di non avere paura. «Non temo conseguenze contro di me – dice –, non temo nulla, agisco in nome e per conto di nostro Signore. Sono un incosciente? Difetto di un po’ di prudenza? Non saprei cosa dire, mi guida l’istinto e lo Spirito Santo, mi guida l’amore del mio meraviglioso popolo che segue Gesù Cristo. E poi prego, prego tanto».
Con il direttore Chiocci Francesco parla anche del “toto-papa”, con ironia. «Anche io penso a quel che sarà dopo di me, ne parlo io per primo. Recentemente, nello stesso giorno, mi sono sottoposto a degli esami medici di routine, i medici mi hanno detto che uno di questi si poteva fare ogni cinque anni oppure ogni anno, loro propendevano per il quinquennio io ho detto facciamolo anno per anno, non si sa mai (il sorriso stavolta si fa più generoso, nda)».
E riguardo alle critiche che gli arrivano dall’interno della Chiesa papa Bergoglio - che per l’intervistatore «non fa trasparire insofferenza sulla sortita del cardinal Ruini («criticare il Papa non significa essergli contro») - risponde: «Non direi il vero, e farei torto alla sua intelligenza se le dicessi che le critiche ti lasciano bene. A nessuno piacciono, specie quando sono schiaffi in faccia, quando fanno male se dette in malafede e con malignità. Con altrettanta convinzione però dico che le critiche possono essere costruttive, e allora io me le prendo tutte perché la critica porta a esaminarmi, a fare un esame di coscienza».
«Il Papa – aggiunge Francesco - le critiche le ascolta tutte dopodiché esercita il discernimento». «E qui sarebbe importante una comunicazione onesta per raccontare la verità su quel che sta succedendo all’interno della Chiesa».
Infine il coronavirus con la prospettiva di nuovi lockdown e possibili restrizioni per il culto. C’è un rischio – chiede Chiocci – di ripercussioni per la Chiesa? «Non voglio entrare nelle decisioni politiche del governo italiano – risponde il Papa – ma le racconto una storia che mi ha dato un dispiacere: ho saputo di un vescovo che ha affermato che con questa pandemia la gente si è “disabituata” - ha detto proprio così - ad andare in chiesa, che non tornerà più a inginocchiarsi davanti a un crocifisso o a ricevere il corpo di Cristo. Io dico che se questa “gente”, come la chiama il vescovo, veniva in chiesa per abitudine allora è meglio che resti pure a casa. È lo Spirito Santo che chiama la gente. Forse dopo questa dura prova, con queste nuove difficoltà, con la sofferenza che entra nelle case, i fedeli saranno più veri, più autentici. Mi creda, sarà così».