
Una immagine sorridente di papa Francesco prima del ricovero - ANSA
Non solo camminare per non restare «paralizzati» o »statici». Ma camminare insieme e soprattutto camminare verso un orizzonte di speranza che non delude. La vittori di Cristo risorto sulla morte. Sono in sintesi i contenuti del Messaggio del Papa per la Quaresima, diffuso oggi, 25 febbraio in vista dell'inizio del periodo di preparazione alla Pasqua, il prossimo mercoledì delle Ceneri, 5 marzo.
Il Pontefice ricorda che «questa Quaresima è arricchita dalla grazia dell’Anno Giubilare» e perciò il tema del Messaggio è “Camminiamo insieme nella speranza”. Di qui, appunto, le sue riflessioni su «cosa significa camminare insieme nella speranza» e su come «scoprire gli appelli alla conversione che la misericordia di Dio rivolge a tutti noi, come persone e come comunità». Perciò in ognuna delle parti del testo il Papa aggiunge anche delle domande, utili per un esame di coscienza.
Camminare
Il motto del Giubileo “Pellegrini di speranza”, scrive il Pontefice, «fa pensare al lungo viaggio del popolo d’Israele verso la terra promessa, narrato nel libro dell’Esodo: il difficile cammino dalla schiavitù alla libertà, voluto e guidato dal Signore, che ama il suo popolo e sempre gli è fedele. E non possiamo ricordare l’esodo biblico - aggiunge il Papa - senza pensare a tanti fratelli e sorelle che oggi fuggono da situazioni di miseria e di violenza e vanno in cerca di una vita migliore per sé e i propri cari». Ecco dunque il primo esame di coscienza. «Siamo tutti pellegrini nella vita, ma ognuno può chiedersi: come mi lascio interpellare da questa condizione? Sono veramente in cammino o piuttosto paralizzato, statico, con la paura e la mancanza di speranza, oppure adagiato nella mia zona di comodità? Cerco percorsi di liberazione dalle situazioni di peccato e di mancanza di dignità?».
Sarebbe un buon «esercizio quaresimale - consiglia Francesco - confrontarsi con la realtà concreta di qualche migrante o pellegrino e lasciare che ci coinvolga, in modo da scoprire che cosa Dio ci chiede per essere viaggiatori migliori verso la casa del Padre. Questo è un buon “esame” per il viandante».
Camminare insieme
In sostanza bisogna «essere sinodali», perché «questa è la vocazione della Chiesa. «I cristiani - si legge nel testo - sono chiamati a fare strada insieme, mai come viaggiatori solitari. Lo Spirito Santo ci spinge ad uscire da noi stessi per andare verso Dio e verso i fratelli, e mai a chiuderci in noi stessi. Camminare insieme significa essere tessitori di unità, a partire dalla comune dignità di figli di Dio; significa procedere fianco a fianco, senza calpestare o sopraffare l’altro, senza covare invidia o ipocrisia, senza lasciare che qualcuno rimanga indietro o si senta escluso. Andiamo nella stessa direzione, verso la stessa meta, ascoltandoci gli uni gli altri con amore e pazienza».
Ed ecco anche il secondo esame di coscienza per questa Quaresima. «Dio ci chiede di verificare se nella nostra vita, nelle nostre famiglie, nei luoghi in cui lavoriamo, nelle comunità parrocchiali o religiose, siamo capaci di camminare con gli altri, di ascoltare, di vincere la tentazione di arroccarci nella nostra autoreferenzialità e di badare soltanto ai nostri bisogni. Chiediamoci davanti al Signore se siamo in grado di lavorare insieme come vescovi, presbiteri, consacrati e laici, al servizio del Regno di Dio; se abbiamo un atteggiamento di accoglienza, con gesti concreti, verso coloro che si avvicinano a noi e a quanti sono lontani; se facciamo sentire le persone parte della comunità o se le teniamo ai margini».
Camminare nella speranza
Il Papa sottolinea anche che è necessario camminare «insieme nella speranza di una promessa. La speranza che non delude, messaggio centrale del Giubileo». In pratica «la morte è stata trasformata in vittoria e qui sta la fede e la grande speranza dei cristiani: nella risurrezione di Cristo». Il terzo esame di coscienza e la «terza chiamata alla conversione», ricorda Francesco, è proprio «quella della speranza, della fiducia in Dio e nella sua grande promessa, la vita eterna. Dobbiamo chiederci: ho in me la convinzione che Dio perdona i miei peccati? Oppure mi comporto come se potessi salvarmi da solo? Aspiro alla salvezza e invoco l’aiuto di Dio per accoglierla? Vivo concretamente la speranza che mi aiuta a leggere gli eventi della storia e mi spinge all’impegno per la giustizia, alla fraternità, alla cura della casa comune, facendo in modo
che nessuno sia lasciato indietro?».
La speranza è dunque «l’ancora dell’anima, sicura e salda[». In essa «la Chiesa prega affinché tutti gli uomini siano salvati». Il Messaggio perciò riporta in conclusione un frase di santa Teresa di Gesù: «Spera, anima mia, spera. Tu non conosci il giorno né l’ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve».