il cardinale Schönborn - Ansa
Eminenza, letta l’esortazione, per lei come si può sintetizzare il sogno ecclesiale di papa Francesco per l’Amazzonia?
Senza la Laudato sì, il lavoro del sinodo non sarebbe diventato quello che è diventato: un grande appello all’aiuto dell’enorme ecosistema amazzonico. Riesco ancora a sentire ciò che il professor Schellnhuber dell’istituto di ricerca sull’impatto climatico di Potsdam ha detto ai partecipanti al sinodo: «La distruzione della foresta amazzonica è la distruzione del mondo». Papa Francesco qui spiega: «L’equilibrio planetario dipende anche dalla salute dell’Amazzonia». E ancora più chiaramente: «Gli interessi di alcune potenti aziende non devono superare il benessere dell’Amazzonia e dell’intera umanità». Ma qui più che protestare contro una «economia che uccide», Papa Francesco si preoccupa di un atteggiamento che chiama «la profezia della contemplazione», un atteggiamento che non usa il mondo solo come materia per la produzione e il consumo, ma vede e lo rispetta come un dono di Dio. In definitiva, è una questione d’amore: «Possiamo amare l’Amazzonia e non solo usarla». E questo atteggiamento è in definitiva ciò che riguarda una «pastorale della presenza» in Amazzonia.
Quali sono in sostanza le priorità per la Chiesa in Amazzonia?
Mi permetto di dare solo alcuni suggerimenti all’ultimo dettagliato capitolo dell’esortazione. La premessa sull’intero tema della pastorale in Amazzonia è l’urgenza dell’evangelizzazione. Francesco lo intende principalmente come l’annuncio diretto di Gesù Cristo, il kerygma. Al sinodo, ho chiesto a molti perché i “pentecostali", gli evangelici, le chiese libere in Amazzonia hanno così tanto successo. Più della metà dei cattolici (alcuni dicono il 60-80%) sono andati in queste chiese. Sono stato sorpreso dal fatto che questo argomento di vitale importanza non sia stato affrontato. Ma una cosa è stata principalmente menzionata come causa: i "pentecostali" parlano direttamente di Gesù Cristo. Predicano il kerygma mentre la predicazione cattolica non fa abbastanza. Papa Francesco commemora quindi i grandi evangelizzatori dell'America Latina come San Toribio di Mogrovejo. E parla dell’inculturazione come seconda priorità pastorale.
Il sinodo se n’era molto occupato fino al dibattito sul “rito amazzonico”…
Papa Francesco si occupa qui della questione dell’inculturazione in generale. Cita il tema del proprio rito solo in una nota a piè di pagina come proposta del Sinodo, senza valutarlo. Interessanti sono i chiarimenti sui simboli indigeni, che sono cresciuti dai miti dei popoli e sono interpretati in senso cristiano, ricordando durante il sinodo le azioni deplorevoli contro le figure della Pachamama.
Veniamo alla questione della scarsità dei sacerdoti in Amazzonia. Qual è la via d’uscita?
Da un lato, il Papa sottolinea l’inconfondibilità e l’insostituibilità del sacerdozio sacramentale, dall’altro, il suo carattere di servizio completo per il popolo di Dio e la sua santificazione. Se è vero che «l’Eucaristia fa la Chiesa», allora i popoli amazzonici non devono essere senza i sacramenti dell'Eucaristia e del perdono. Nell’Esortazione non fa menzione della proposta di aprire la possibilità per i diaconi permanenti di essere ordinati sacerdoti per le regioni più remote dell’Amazzonia, come era stata proposta nel documento finale del sinodo.
Ma anche se l’esortazione non riprende quel punto, presentando il documento finale del sinodo «ufficialmente», questo punto può considerarsi confermato in modo implicito?
Nella esortazione apostolica Amoris laetitia Papa Francesco usa spesso frasi chiare per dire esplicitamente che ha fatto interamente suoi alcuni suggerimenti e richieste usciti dal sinodo. Stavolta, non c’è nessuna clausola che possa indicare in forma esplicita o almeno implicita la sua “assunzione” dell’intero documento del sinodo amazzonico. Esprimendo la volontà di «presentare ufficialmente» questo documento, il Papa non fa che suggerire solo cosa intende per sinodalità. Se dunque non fa menzione della proposta del sinodo di aprire la possibilità per i diaconi permanenti, c’è però la richiesta del Papa di utilizzare intensamente tutti i percorsi che non sono stati abbastanza usati per porre rimedio alla precaria situazione della mancanza di sacerdoti, senza fare immediatamente preti sposati, come via d’uscita.
A quali percorsi si riferisce?
La nota 132 affronta discretamente un grosso problema. È stato menzionato direttamente nel Sinodo che alcuni paesi amazzonici inviano più sacerdoti in Europa o in Nord America che al proprio vicariato in Amazzonia. Solo in Colombia sono 1200. Se solo un terzo o un quarto di questi sacerdoti fossero disponibili per le diocesi amazzoniche, difficilmente ci sarebbe una carenza di preti sul posto. Nella nota 133 menziona la mancanza di seminari per gli indigeni. Mi aveva scosso dal sinodo la quasi totale mancanza di sacerdoti indigeni. Come è possibile che dopo 500 anni di cristianesimo non ci sia praticamente alcun clero locale in questa regione? La testimonianza del primo sacerdote indigeno salesiano che ha parlato al Sinodo è stata impressionante. Infine, il Papa menziona un argomento che aveva trovato posto anche nel documento finale: la sorprendente mancanza di diaconi permanenti, «che dovrebbero essere molto più numerosi in Amazzonia». Mi chiedo: perché questa opportunità aperta dal Vaticano II non è stata più utilizzata? Papa Francesco conclude allora la questione in maniera concreta: «Quindi non si tratta solo di consentire una maggiore presenza di ministri ordinati che possano celebrare l’Eucaristia. Sarebbe un obiettivo troppo limitato se non provassimo a portare nuova vita anche nelle chiese».
Nell'esortazione sottolinea con enfasi l’importanza dei ministeri per i laici. Ma può essere un modo di evitare il problema e lasciare le cose come sono…
Sottolinea la necessità di promuovere persone mature e autorevoli e in particolare la presenza di donne «forti e generose» che battezzano, fanno catechesi, sono dirigenti di preghiera e che dovrebbero avere uno status stabile e una partecipazione più chiara alla Chiesa senza essere clericalizzate. Vede un compito prioritario nel rafforzare il ruolo delle donne, che è sempre stato insostituibile, soprattutto nelle remote comunità dell’Amazzonia.
Non si tratta quindi di relativizzare i problemi, evitarli o lasciare le cose come sono. La "soluzione" sta nel "più grande", quello che Dio dona spesso in modo sorprendente. Con questa speranza per il più grande lavoro di Dio, per la sorpresa delle sue vie, accettato con coraggio e generosità papa Francesco osserva l’immensa complessità dell’amata Amazzonia. Non ha soluzioni semplicistiche, ma la gioia del Vangelo gli dà fiducia che non può essere scoraggiata. E dice tutto questo non solo per l’Amazzonia, ma per tutti noi.