La famiglia è «patrimonio dell’umanità, tesoro quanto mai prezioso dei nostri popoli». È il fondamento da cui, nel febbraio 2008, parte l’allora arcivescovo di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio per tratteggiare i punti chiavi dell’impegno pastorale della Chiesa nei confronti della famiglia. Uno sforzo che assume «un’importanza chiave» perché il nucleo fondamentale della società «ha un rilievo prioritario in vista della nuova evangelizzazione» della società postmoderna. Insomma, scrive Bergoglio nel testo intitolato
La famiglia alla luce del Documento de Apericida, al centro dell’azione pastorale della Chiesa c’è la famiglia, quella fondata sul matrimonio tra uomo e donna, quella che è «fonte di tutti quei valori di cui oggi la società ha bisogno in maniera urgente», quella che è da sempre «luogo privilegiato della vita se la accoglie con responsabilità, se la educa con generosa devozione, se la alimenta con il pane del lavoro». È uno sguardo sereno e positivo sulla famiglia, quello dell’arcivescovo di Buenos Aires che, pur non nascondendosi le difficoltà legate alle tante emergenze vissute oggi da genitori e figli sul fronte etico e culturale, economico e sociale, si inserisce in modo originale nel filone più fecondo della dottrina su matrimonio e famiglia degli ultimi decenni, quello che dal Vaticano II attraverso la
Familiaris consortio, arriva al magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Come vanno intese in questo quadro le presunte considerazioni avanzate nel 2010 dal cardinale Bergoglio sull’opportunità di aprire alle unioni civili per scongiurare la legalizzazione delle nozze gay nel 2010? La controversa vicenda – che abbiamo già ricostruito ieri su queste pagine – può davvero essere stata motivata dalla ricerca del "male minore", come sostiene il biografo di Bergoglio, il giornalista argentino Sergio Rubin? Ieri Miguel Woites, direttore dell’Agenzia di informazione cattolica argentina (Aica) ha smentito in modo categorico la versione di Rubin, sintetizzata in un articolo apparso il 14 marzo sul quotidiano argentino "El Clarin", il giorno successivo all’elezione papale di Bergoglio. Rubin aveva scritto che «quando si cominciò a dibattere il progetto di matrimonio gay nel Paese, Bergoglio propose a tutti i vescovi di optare per una soluzione moderata. Forse per lasciare aperta la via intermedia delle unioni civili». Ma questa affermazione, a parere del direttore dell’Agenzia cattolica argentina, «è un errore totale». Non solo, argomenta Woites, l’articolo di Rubin «è stato fortemente criticato dai vescovi argentini», visto che riferisce un’affermazione che non si sa come e quando sia stata pronunciata, Insomma, è la conclusione di Woites, quella di Rubin si può sintetizzare come un’«affermazione scorretta». E, a sostegno del suo punto di vista, riporta il noto documento indirizzato poche settimane dopo dal cardinale Bergoglio alle Carmelitane di Buenos Aires in cui il porporato definisce le nozze gay «la pretesa di distruggere il piano di Dio. Non si tratta di un mero progetto legislativo ma di un’invenzione del padre della menzogna che pretende di confondere e ingannare i figli di Dio». D’altra parte, nel libro scritto dallo stesso Rubin con Francesca Ambrogetti, "Il gesuita. Conversazioni con il il cardinale Jorge Bergoglio", il futuro papa Francesco parla diffusamente di questioni etiche, affermando tra l’altro che «la morale non cambia, l’abbiamo dentro di noi. Il comportamento etico è parte del nostro essere». E in modo più specifico, a proposito della morale sessuale, spiega che «la Chiesa predica quello che ritiene essere il meglio per le persone, ciò che realizza pienamente la loro pienezza e felicità».Concetti che l’arcivescovo di Buenos Aires aveva già espresso in modo più sistematico nel documento del 2008 sulla pastorale familiare, diffuso in questi giorni dal Pontificio Consiglio per la famiglia di cui Bergoglio è stato membro di presidenza fin dal 2001. Non vengono nascoste le difficoltà vissute da tante famiglie e neppure si tace il clima culturale dominante che spesso guarda alla famiglia con un atteggiamento oppositivo e talvolta irridente. Quando però si scende dalla categorie culturali ai sentimenti personali, ai desideri più intimi e più autentici delle persone ci si accorge – scrive Bergoglio – di ciò che la maggior parte delle persone desidera davvero raggiungere, e cioè «vivere in una famiglia e avere una famiglia». In una società dove tutto ha un prezzo, il «tesoro della famiglia» è un dono gratuito al servizio della Chiesa e della società. Quindi, per sua stessa natura, pur vivendo pienamente nella realtà quotidiana, con tutte le sue contraddizioni e le sue emergenze, la famiglia realizza pienamente se stessa quando incarna quei valori che una certa società del profitto e dell’egoismo sembra aver emarginato: solidarietà, sobrietà, mutuo aiuto, condivisione, fratellanza. Ecco perché, spiega ancora il futuro papa Francesco, la famiglia è «spazio e scuola di comunione». Ed ecco perché, per essere «comunità familiare, è necessario che i suoi membri si sostengano per vivere in comunione. La famiglia diventa così fonte di quei valori di cui oggi la società ha bisogno in maniera urgente. La solidarietà familiare – annota ancora Bergoglio – è fonte di valori civici che nel rispetto mutuo e nelle convivenza pacifica diventano espressioni concrete».