Particolare del Calvario di Antonello da Messina, 1475
La sete di Gesù, quella corporale nell’ora del Calvario, “prova della sua incarnazione” e “segno del realismo della sua morte” e quella simbolica e spirituale è la “vitale chiave di accesso” – ha sottolineato don Tolentino de Mendonça nella quinta meditazione degli Esercizi spirituali per il Papa e la Curia romana, come riporta Vatican News - per cogliere il senso profondo della sua vita e della sua morte.
L’evangelista Giovanni - ha spiegato - oltre che nel racconto del Calvario, riporta tre volte l’espressione ‘avere sete’. Quando Gesù incontra la samaritana le dice: ‘Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno’. Poi ancora nel discorso del pane della vita, Gesù dichiara: ‘chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!’. Infine durante la festa delle capanne, Gesù annuncia: ‘Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me’.
La sete della samaritana
“Nell’incontro con la samaritana - ha osservato il predicatore – c’è un cambio di ruoli che non deve passare inosservato”: Gesù chiede da bere ma è lui che darà da bere.
La samaritana, comunque, non intende subito le parole di Gesù, le interpreta come riferite a una sete fisica. Ma fin dall'inizio Gesù giocava con un senso spirituale. Il suo desiderio puntava sempre a un'altra sete, come spiegò alla donna: ‘Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: ‘Dammi da bere!’, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva
Gesù chiede acqua ma riceve aceto
Così anche sul Calvario, Gesù manifesta subito il suo desiderio di bere, ma non viene compreso ed invece di acqua riceve aceto, e lui dopo averne preso e detto ‘E’ compiuto!’, chinato il capo riconsegna lo Spirito. “La sete è così il sigillo – ha commentato il sacerdote - del compimento della sua opera e, allo stesso tempo, del desiderio ardente di fare dono dello Spirito, vera acqua viva capace di dissetare radicalmente la sete del cuore umano”.
Avere sete è credere in Cristo
E ancora nella festa delle Capanne, si esplicita che avere sete “è credere in Gesù” e che bere “è venire a Cristo”.
In verità, la sete di cui Gesù parla è una sete esistenziale che si placa facendo convergere la nostra vita verso la sua. Aver sete è avere sete di Lui. Siamo così chiamati a vivere di una centralità cristologica: uscire da noi stessi e cercare in Cristo quell'acqua che spegne la nostra sete, vincendo la tentazione di autoreferenzialità che tanto ci fa ammalare e tiranneggia.
La carenza di senso e il desiderio di salvezza
La sete di Gesù permette dunque – ha evidenziato don Tolentino de Mendonça - “di comprendere la sete che alberga nel cuore umano e di disporci a servirla”, rispondendo “alla sete di Dio, alla carenza di senso e di verità, al desiderio che sussiste in ogni essere umano di essere salvato, anche se è un desiderio occulto o sepolto sotto i detriti esistenziali”.
Rompere le catene e liberare le energie per dare speranza
Come insegna Madre Teresa di Calcutta, le parole di Gesù: ‘Ho sete’, che campeggiano in tutte le cappelle delle Missionarie della carità, “non riguardano solo il passato ma sono vive oggi”. Allora– ha ammonito il predicatore –dobbiamo sempre riscoprire lo Spirito Santo, perché a volte siamo una Chiesa in cui manca “la vivacità” “la gioventù” “l'allegria” di questo Spirito “che ci rende una Chiesa in uscita”. Questo il senso della sete di Gesù:
La sua sete è rompere le catene che ci chiudono nella colpevolezza e nell'egoismo, impedendoci di avanzare e di crescere nella libertà interiore. La sua sete è liberare le energie più profonde nascoste in noi perché possiamo diventare uomini e donne di compassione, artigiani di pace come lui, senza fuggire la sofferenza e i conflitti del nostro mondo spezzato, ma prendendovi il nostro posto e creando comunità e luoghi d'amore, così da portare una speranza a questa terra.