Ansa
Salire e scendere: sono i due movimenti su cui si concentra la riflessione di Papa Francesco all’Angelus di questa domenica in cui il brano del Vangelo di Luca presenta la parabola del fariseo e del pubblicano, “un uomo religioso e un peccatore conclamato”. Entrambi, dice il Papa, salgono al tempio ma solo il pubblicano “si eleva veramente a Dio”, perché si presenta umilmente nella verità di se stesso.
Papa Francesco fa notare che il verbo salire compare in tanti episodi della Bibbia, ricorda Abramo e Mosè che salgono sul monte per incontrare il Signore, e lo stesso Gesù che sul monte vive l'esperienza della trasfigurazione. Il Papa commenta in riferimento a noi: Salire, perciò, esprime il bisogno del cuore di staccarsi da una vita piatta per andare incontro al Signore; di elevarsi dalle pianure del nostro io per salire verso Dio; liberarci del proprio io, di raccogliere quanto viviamo a valle per portarlo al cospetto del Signore, questo è salire e quando noi preghiamo saliamo.
Ma poi c’è il secondo movimento, scendere: per vivere l’incontro con Dio, afferma Francesco, è necessario “scendere dentro di noi”, e guardare con onestà “le nostre fragilità e povertà”. Nell’umiltà, infatti, diventiamo capaci di portare a Dio, senza finzioni, ciò che siamo, i limiti e le ferite, i peccati e le miserie che ci appesantiscono il cuore, e di invocare la sua misericordia perché ci risani, ci guarisca e ci rialzi. Sarà Lui a rialzarci, non noi. Più noi scendiamo con umiltà, più Dio ci fa salire in alto.
Francesco descrive ancora il diverso atteggiamento interiore dei due protagonisti della parabola: il pubblicano “chiede perdono”, il fariseo è “convinto di essere a posto”, pone se stesso al centro, inizia a lodarsi mentre disprezza gli altri. E’ la superbia spirituale che, sottolinea il Papa, porta a adorare il proprio io e a cancellare Dio. Due atteggiamenti che “ci riguardano da vicino”. Da qui l’invito di Francesco: Pensando a loro, guardiamo a noi stessi, verifichiamo se in noi, come nel fariseo, c’è "l’intima presunzione di essere giusti" che ci porta a disprezzare gli altri. Succede, ad esempio, quando ricerchiamo i complimenti e facciamo sempre l’elenco dei nostri meriti e l'elenco delle nostre buone opere, quando ci preoccupiamo dell’apparire anziché dell’essere, quando ci lasciamo intrappolare dal narcisismo e dall’esibizionismo. Vigiliamo, fratelli e sorelle, sul narcisismo e sull’esibizionismo, fondati sulla vanagloria, che portano anche noi cristiani, noi preti, noi vescovi ad avere sempre una parola sulle labbra. Quale parola? "Io".
“Dove c’è troppo io, c’è poco Dio”, dice ancora il Papa e conclude guardando alla Vergine Maria in cui Dio mostra ciò che “ama compiere”: rovesciare i potenti dai troni e innalzare gli umili.
Dopo l'Angelus
Francesco ricorda che martedì si recherà al Colosseo per pregare insieme ai leader delle religioni mondiali per la pace in Ucraina e nel mondo. Dal Papa un accorato appello per la fine del conflitto in Etiopia e per le vittime delle inondazioni in Africa. Infine un pensiero è stato rivolto all'Italia nel giorno dell’insediamento del nuovo governo
“Dopodomani, martedì 25 ottobre, mi recherò al Colosseo a pregare per la pace in Ucraina e nel mondo, insieme ai rappresentanti delle Chiese e Comunità cristiane e delle Religioni mondiali, riuniti a Roma per l’incontro “Il grido della pace”. Vi invito ad unirvi spiritualmente a questa grande invocazione a Dio: la preghiera è la forza della pace, preghiamo, continuiamo a pregare per l’Ucraina così martoriata”.
Lo sguardo e la preoccupazione del Vescovo di Roma sono rivolti anche al conflitto in corso in Etiopia: “Con trepidazione seguo la persistente situazione di conflitto in Etiopia. Ancora una volta ripeto con animo accorato che la violenza non risolve le discordie, ma soltanto ne accresce le tragiche conseguenze. Faccio appello a quanti hanno responsabilità politiche, affinché cessino le sofferenze della popolazione inerme e si trovino soluzioni eque per una pace duratura in tutto il Paese. Possano gli sforzi delle parti per il dialogo e la ricerca del bene comune condurre a un concreto percorso di riconciliazione. Non manchino ai fratelli e alle sorelle etiopi, così duramente provati, la nostra preghiera, la nostra solidarietà e i necessari aiuti umanitari”.
Dolore dalla finestra del Palazzo Apostolico è espresso dal Pontefice anche per le inondazioni “che stanno colpendo vari Paesi dell’Africa e che hanno provocato morte e distruzione. Prego per le vittime e sono vicino ai milioni di sfollati, ed auspico un maggiore impegno comune per prevenire queste calamità”.
Sempre a conclusione dell'Angelus, guardando all’Italia nel giorno in cui il nuovo esecutivo guidato da Giorgia Meloni si insedia ufficialmente, il Papa ha aggiunto: “Oggi all’inizio di un nuovo governo, preghiamo per l’unità e la pace dell’Italia”