Con l’alluvione a Lipari in poche ore è andata in scena una tragedia come da copione. Tutto prevedibile, tutto purtroppo previsto: sceneggiatura, scene, attori. Chiari anche i colpevoli. Danni trenta volta superiori ai soldi che sarebbero bastati per evitarli. E guasti ambientali e criminali tra le cause certe. Compresa una discarica abusiva, enorme, lì sul costone che incombe sul paese, piena di ogni possibile scarto, tutta roba portata via dalla furia dell’acqua, a intasare corsi d’acqua da anni trasformati in strade o coperti di cemento.Già, rifiuti e cemento. Come al solito. E non siamo nelle terre di camorra, delle ecomafie, del ciclo del cemento in mano ai clan, dei roghi di rifiuti. Siamo invece su un’isola bellissima e facilmente controllabile, eppure cause ed effetti sono alla fine gli stessi. Ma come si fa ad accettare, tollerare, non reprimere una discarica abusiva su un’isola? Come si fa a non "vederla" per trenta anni? Che cosa ha fatto chi ha governato e sorvegliato questo territorio? Non lo sappiamo. Anche se, visti i risultati, non sembra abbia fatto molto. Ma sappiamo, è cronaca dello scorso marzo, che è l’amministrazione locale è finita sotto inchiesta da parte della procura di Barcellona Pozzo di Gotto proprio per la gestione dei rifiuti nell’isola e l’ex sindaco è addirittura indagato per concussione.Coincidenze? Non lo sono sicuramente gli incendi della scorsa estate. "Pioverà sul bruciato" avevamo titolato un editoriale, prevedendo che, dopo una pesantissima stagione di incendi, avremmo avuto un altissimo rischio di dissesto idrogeologici. Lo stesso capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, aveva lanciato l’allarme pioggie. Così è stato. E Lipari (ma non solo, purtroppo...) ne è un chiaro esempio. Vari incendi tra maggio e agosto, macchia distrutta e terreno instabile. Così la pioggia di due giorni fa, sicuramente intensa, ha avuto gioco facile. Con le conseguenze che abbiamo visto tutti. Il copione si completa con le colate di cemento, anche questo abusivo come la discarica, che ha invaso l’isola. Anche qui i fatti, oltre agli effetti, parlano chiaro, con decine di abusi accertati, abbattimenti (pochi...), case acquisite al patrimonio del Comune (però restano al loro posto...), inchieste della magistratura e addirittura della Regione Sicilia. E questo solo nei primi nove mesi dell’anno.Piove sul bagnato e piove sul costruito. E non si spende per la prevenzione. Eppure in questo caso sarebbe bastato relativamente poco, appena un milione. A denunciarlo non è qualche associazione ambientalista ma il ministro dell’Ambiente Corrado Clini: «Investendo un milione di euro avremmo evitato danni per trenta milioni». Lo sappiamo da anni, su
Avvenire lo scriviamo da anni. Per un vero e concreto piano di riassetto idrogeologico servirebbe tra 25 e 40 miliardi di euro. Sembrano davvero tanti, soprattutto in questi tempi di spending review. Però negli ultimi 60 anni ne sono stati spesi ben 52 per riparare i danni di alluvioni e frane, 22 solo negli ultimi due decenni, un miliardo all’anno. Nel suo, drammatico, "piccolo" Lipari ne è l’esemplare conferma, quasi un laboratorio di errori e colpevoli scelte. Pessima amministrazione del territorio e miope gestione dei fondi pubblici. Discariche che non si vogliono vedere e prevenzione inesistente. Per poi correre ai ripari. Anche con iniziative che sanno di assurdo, ai limiti del comico. Come l’invio da parte della Regione degli operai forestali antincendio per intervenire sull’emergenza alluvione. Ma non sarebbe stato meglio utilizzarli prima? Per mettere in sicurezza l’isola, per evitare gli incendi e, magari, anche per bonificare la discarica.Prima e non dopo. Come al solito, si poteva e si doveva evitare. A Lipari come nelle Cinque Terre, a Genova come a Sarno.
Usque tandem? Fino a quando?