La cultura visuale nella chiesa, un cammino scandito dai Giubilei
venerdì 10 gennaio 2025

Giubileo e cultura visuale: un rapporto che ha avuto nel tempo significative trasformazioni, conducendo la Chiesa in un cammino di lenta maturazione e consapevolezza riguardo al ruolo giocato dai media nell’attrarre i riflettori di tutto il mondo su Roma e sul ministero petrino. Il Pontefice è divenuto l’apice di un processo comunicativo che ha coinvolto gran parte dell’orbe cattolico ampliando, in maniera planetaria, gli appuntamenti giubilari.

In effetti, la connessione tra gli aspetti propriamente religiosi e quelli più sociali e culturali, all’interno di un evento da sempre considerato centrale per la dimensione geopolitica del papato, ha caratterizzato la storia dei Giubilei fin dalla loro istituzione. Un esempio significativo di questa commistione volta alla “globalizzazione” del messaggio pontificio fu l’esposizione universale missionaria allestita per l’Anno Santo del 1925 nei Giardini Vaticani, capace di richiamare oltre un milione di persone da tutto il mondo, con oltre centomila oggetti esposti in 24 padiglioni. Sempre nello stesso anno, peraltro, per la prima volta nella tradizione giubilare, le strade della Città Eterna furono tappezzate di manifesti in cui campeggiava l’Angelo del Bernini di Ponte Sant’Angelo con la croce in mano, sullo sfondo la cupola della basilica di San Pietro e il motto scritto in latino Pax Christi in regno Christi.

Già a partire da Leone XIII, la Chiesa espresse verso i nuovi strumenti di comunicazione una fiduciosa apertura. Una chiara volontà di accogliere la novità che papa Pecci avrebbe confermato dando la sua benedizione al cinema attraverso le riprese realizzate nel 1898 da William Dickson, della società American Mutoscope and Biograph Company, che segnarono un clamoroso successo mondiale proprio in occasione del Giubileo del 1900.

Ma questo rapporto tra le parti non fu privo di interruzioni. Per l’Anno Santo del 1925, Pio XI dette una disposizione categorica, vietando di riprendere il Papa durante le cerimonie religiose per non alimentare la speculazione commerciale che mischiava il sacro con il profano. Questa imposta rigidità provocò serie difficoltà alle case cinematografiche che accorsero in gran numero a Roma, inducendo alcune di esse a tentare di aggirare il divieto. Fu forse anche per porre un freno a questi tentativi che, nell’appuntamento giubilare straordinario del 1933, dopo l’avvenuta Conciliazione e con la rivoluzione apportata dall’arrivo del sonoro, la Santa Sede decise di produrre autonomamente il film Jubilaeum, oggi andato perduto, che segnò una assoluta novità nella storia del papato.

Nel 1950, Giubileo del Gran Ritorno e del Gran Perdono, la Santa Sede non si fece trovare impreparata: vennero agevolate le case produttrici che in massa annunciarono la lavorazione di film e documentari aventi come sfondo o come motivo dominante le celebrazioni giubilari. Quasi tutte le case di produzione di attualità cinematografica ripresero gli avvenimenti più importanti, soffermandosi spesso su storie curiose di particolare attrattiva come la visita alla Basilica di San Pietro di attori e comici italiani tra cui Totò, Macario e Aldo Fabrizi. Quello del 1950 fu in fondo anche l’ultimo evento giubilare in cui il cinema riuscì ad essere protagonista indiscusso del racconto: la svolta televisiva cambiò radicalmente i codici linguistici e comunicativi dei media moderni.

Nel Giubileo del 1975, indetto da Paolo VI in un clima socioculturale e religioso radicalmente cambiato, venne inaugurata con il regista Franco Zeffirelli una prassi destinata a ripetersi: affidare la regia televisiva dell’apertura della Porta Santa a grandi registi provenienti dal mondo cinematografico. Nel 2000 fu chiamato Ermanno Olmi, affinché non si limitasse «a realizzare belle immagini» ma aiutasse i telespettatori «a cogliere il senso del mistero che viene celebrato», in quello straordinario del 2015 (2016), dedicato alla Misericordia, l’incarico fu assegnato a un’altra mano d’autore: Wim Wenders, regista tedesco, scelto come consulente artistico per la diretta mondiale.

Sono questi solo alcuni elementi, certamente indicativi, del longevo rapporto tra Chiesa e cultura visuale, e che ha avuto negli anni giubilari, soprattutto in quelli tanto diversi che si sono susseguiti nel corso di tutto il Novecento, una cartina al tornasole circa la volontà della Santa Sede di sfruttare le potenzialità dei media per trasformare un appuntamento radicato nella tradizione in un grande evento globale capace di coinvolgere i fedeli, pellegrini o spettatori, di tutto il mondo.

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