Molto cambia, lieviti la prevenzione
martedì 8 agosto 2017

Frane e alluvioni sulle Dolomiti, incendi nei Parchi nazionali del Gran Sasso, della Sila e del Vesuvio, morti travolti dal fango a Cortina e morti tra le fiamme in Campania e alla porte di Roma, “bombe d’acqua” e incendi inarrestabili. Comunque eventi estremi ai quali il Nord come il Sud sembra arrivare impreparato. E che anche per questo provocano danni e lutti. Anche là dove la natura è più tutelata, dove la gestione dell’ambiente sembra oculata e efficiente. Ormai non passa giorno, in questa caldissima estate, che sora nostra madre Terra non ci avverta che qualcosa sta cambiando anzi che qualcosa è già cambiato.

Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ lo ha scritto in modo chiaro. «Se la tendenza attuale continua, questo secolo potrebbe essere testimone di cambiamenti climatici inauditi e di una distruzione senza precedenti degli ecosistemi, con gravi conseguenze per tutti noi». Gli accordi di Parigi sui mutamenti climatici avevano fatto ben sperare ma poi la marcia indietro dell’amministrazione Usa guidata da Donald J. Trump ha rimesso tutto in ballo. Ma non ci sono solo le “macrocause” dietro le emergenze quasi quotidiane. Perché se il clima cambia non si può sperare che le conseguenze tocchino sempre agli altri. Invece nel nostro Paese si spera sempre “nell’italico stellone”. Lo abbiamo visto con le nevicate culminate nel dramma del Rigopiano e negli incendi delle scorse settimane. Tutto anomalo o tutto prevedibile? La previsione, ce lo ripetono da sempre gli esperti, è una scienza difficile, ancora poco esatta, soprattutto per alcuni fenomeni, soprattutto ora che la Terra sta soffrendo e cambia il suo “comportamento” anche per gravi errori dell’uomo. Ma la prevenzione quella sì che è una scienza esatta o almeno molto avanzata. Quella dei grandi numeri e quella del quotidiano, quella che ci permetterebbe di convivere anche con gli eventi estremi, di limitare i danni, di evitare i lutti. L’incendio di Campo Imperatore, il “piccolo Tibet” nel Parco del Gran Sasso, è esemplare, partito da un barbecue acceso in una giornata caldissima in una zona delicatissima e ad alto rischio, dove accendere fuochi è vietato. Ma c’era qualcuno per controllare, per bloccare il comportamento illecito? Sembra di no. Forse si è ritenuto più importante non “disturbare” un evento che vedeva la partecipazione di migliaia di persone. Così le fiamme hanno divorato ettari e ettari di splendida pineta, scavallando la montagna fino ad arrivare nel vallone da cui, ironia della sorte è partita la valanga del Rigopiano, altro esempio di cattiva prevenzione e di “scaricabarile” nella gestione dell’emergenza. Solo l’impegno dei vigili del fuoco e dei volontari, ancora una volta loro, ha evitato un nuovo disastro. Ma anche le frane e le alluvioni al Nord parlano di cattiva prevenzione.

Tanti lo avevano detto e anche noi lo avevamo scritto: «Dopo le fiamme, le inondazioni», era stato un titolo di venti giorni fa. E così è stato. Ma lo si sapeva. Il suolo arido, anche quello non percorso dalle fiamme, è più fragile e instabile. E bastano poche ore di piogge per farlo collassare. Verso dove? Verso dove sa andare da milioni di anni, imboccando valloni e canaloni, le vie più facili. Lo fa da sempre, ora in modo più estremo, ma non si può dire che “là era imprevedibile”. E allora servono sempre più pianificazioni locali chiare e rigorose e soprattutto vanno rispettate e fatte rispettare. Serve cura del bosco e del territorio. Serve soprattutto una cultura dell’emergenza che non vuol dire fare “terrorismo”. Solo se i cittadini sono informati possono poi adeguare le proprie scelte e i propri comportamenti. Sapere dove andare, cosa fare e cosa non fare al momento dell’emergenza. Ma la politica locale, sempre attenta alla ricerca del consenso, teme che regole, controlli e – se serve – sanzioni, possano creare malumore e quindi... meno voti. Così si fanno (bene o, spesso, male) i piani di emergenza, ma poi non li si comunica alla popolazione e tantomeno si sanziona chi non li rispetta. Non si fanno esercitazioni – troppo disturbo! –, non si spende in tutela del territorio, forse perché muove meno soldi di smodate urbanizzazioni, tangenti comprese. Come stupirsi poi delle drammatiche conseguenze. Ce lo dice nuovamente papa Francesco. «Ricordo una frase che ho sentito da un anziano, molti anni fa: “Dio perdona sempre, le offese, gli abusi; Dio sempre perdona. Gli uomini perdonano a volte. La Terra non perdona mai!” Custodire la sorella Terra, la madre Terra, affinché non risponda con la distruzione». Quella che vediamo in questi giorni.

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