Un compito pesante che il nuovo anno riceve in eredità riguarda il bisogno di una spinta verso una costruzione sociale e civile che, insieme a quella istituzionale, dovrà dare una prospettiva al Paese, oltre che permettergli di affrontare le difficoltà.
La sensazione largamente diffusa, non solo in Italia, è che la globalizzazione, la rivoluzione tecnologica, le migrazioni di massa e l’affermarsi di poteri sovranazionali (la finanza globale, l’Unione Europea, le Agenzie di Rating che operano sul mercato) ci abbiano sottratto il controllo sulle scelte dalle quali dipende il nostro futuro.
La rappresentanza politica è in crisi, non riesce a leggere la realtà contemporanea nei suoi radicali cambiamenti, a interpretare i differenti bisogni dei cittadini, e non ha la capacità di proporre previsioni credibili e realistiche. I partiti sono diventati “leggeri”, liquidi, crescono e si sgonfiano senza assumere una consistenza culturale duratura.
I social media hanno promosso l’illusione di una relazione diretta tra cittadini e leader politici, eludendo le strutture partitiche tradizionali e alimentando la percezione che esprimere un’opinione equivalga a “contare”. Questo fenomeno, ben descritto da Giuliano Amato come “populismo digitale”, trasforma la partecipazione politica in una mera somma di voci isolate: «A essere essenziale non è la voce di ciascuno, ma il prodotto dell’insieme delle voci. I partiti erano strutturati per fare questo, con tutti i loro difetti. Ciò che li ha sostituiti è una partecipazione privata: i social sono una sommatoria di opinioni individuali, vissute in solitudine e prive di un autentico confronto collettivo».
Da tempo la democrazia viene messa in discussione di fronte alle crescenti difficoltà di governare società complesse e plurali. Ma la rifondazione della politica non potrà avvenire dagli attuali partiti-fantasma. Potrà realizzarsi con una grande ripresa di attività dei corpi sociali e dalla loro volontà di dare energia, idee e iniziative ai partiti e alla politica, come documenta il volume “Comunità intermedie, occasione per la politica” (Il Mulino), di recente pubblicazione.
Il lavoro lancia un appello a tutti gli attori sociali: dal Terzo Settore al volontariato, dalle cooperative ai movimenti civici. Queste realtà, che aggregano milioni di cittadini attivi, possono e devono assumersi il compito di aiutare i partiti a riempire questo vuoto, offrendo nuova linfa vitale a un sistema di rappresentanza che sembra oggi incapace di rinnovarsi. La democrazia, infatti, non può sopravvivere senza i partiti, ma questi devono tornare a essere espressione autentica delle realtà di base, incarnando valori come responsabilità, competenza e impegno sociale.
Il futuro della politica richiede una profonda riscoperta del ruolo delle comunità intermedie, chiamate a fungere da ponte tra cittadini e istituzioni. La loro missione va però ben oltre la semplice mediazione: esse devono promuovere una nuova visione del vivere politico, radicata in una concezione dell’umano come essere relazionale. La vera rigenerazione politica passa attraverso una “ripartenza antropologica,” un ritorno a concepire le relazioni sociali non come ostacoli, ma come beni essenziali per la propria realizzazione e per il bene comune.
Questa prospettiva implica un cambiamento culturale profondo, che rimetta al centro il desiderio umano nella sua pienezza: non un desiderio ridotto alle logiche individualistiche, ma un’apertura autentica verso l’altro e verso il bene collettivo, a partire dalla natura relazionale del nostro io. I corpi intermedi sono i custodi di questa visione e hanno il compito di suscitare una “passione per la persona” che restituisca senso all’impegno politico e partitico. Solo così si potrà dar vita a un pluralismo ideale capace di conciliare interessi individuali e benessere collettivo.
È questo il vero senso della sussidiarietà: la messa a sistema del contributo di tutti, realtà sociali, istituzionali ed economiche, che coordinano le loro azioni in funzione del bene comune, creando un ecosistema in cui ogni soggetto trova il proprio ruolo. Per le forze politiche, questo significa riannodare i legami con le comunità intermedie, evitando il progressivo distacco dalla realtà delle persone. Solo un’integrazione tra politica e corpi sociali potrà evitare la deriva della rappresentanza e restituire solidità al sistema democratico.
Presidente Fondazione per la Sussidiarietà