Gran parte del dibattito sulla riforma fiscale ha avuto come oggetto il tema della progressività. Una riforma che si propone di ridurre il numero di aliquote da quattro a tre e guarda a un’ipotesi di flat tax unica come approdo finale tende, infatti, a diluire il tasso di progressività, principio affermato e tutelato dalla Costituzione. Tuttavia, la progressività, cioè il principio per cui al crescere del reddito deve aumentare anche la percentuale del prelievo, può essere garantita in vari modi: prevedendo molte aliquote con percentuali crescenti, oppure attraverso detrazioni o deduzioni sulle spese per alleggerire il carico fiscale a beneficio dei redditi più bassi.
Il progetto di legge delega varato dal governo dice che l’orientamento sarà proprio quello di semplificare le aliquote e assicurare la progressività modulando gli “sconti” fiscali. Per capire come questo avverrà bisognerà conoscere i decreti attuativi, ma può essere utile piantare qualche paletto per definire il perimetro dei valori e dei princìpi che è auspicabile vengano garantiti. Un aspetto meritevole di riflessione riguarda l’opportunità di porre tutta l’attenzione e le richieste di equità sulla sola Irpef. L’evasione di questa imposta raggiunge infatti livelli molto elevati, in particolare nell’ambito del lavoro autonomo e delle imprese, dove il divario tra gettito atteso e reale sfiora il 70%. Inoltre, i redditi da lavoro dipendente rappresentano una parte minoritaria, attorno al 40%, della ricchezza delle famiglie. Una quota sempre più alta riguarda i redditi da capitale, con gli affitti che ormai valgono il 13%, e sui quali si applica una tassazione molto agevolata rispetto al lavoro, senza progressività.
Questo spiega in parte come mai chi vive del solo stipendio fatichi a percepirsi “ricco”, nel confronto con altre famiglie, pure se il suo reddito non è basso. In un Paese col record europeo di evasione quale è l’Italia, e solo il 13% delle dichiarazioni fiscali che superano i 35.000 euro lordi l’anno, andrebbe colto il limite di un approccio che tende a concentrarsi solo sull’Irpef per assicurare l’equità del sistema, o per parametrare sconti ed elargizioni. C’è un altro aspetto di cui non si è parlato a sufficienza: il sostegno alle famiglie con figli, questione centrale anche come risposta alla crisi demografica. La vera domanda che oggi in Italia ci si dovrebbe porre è se si vuole o no un sistema fiscale in cui le tasse siano pagate da chi è realmente più ricco, e nel quale il principale merito per ottenere un beneficio è rappresentato dall’avere figli.
L'indicazione che emerge dalla delega è che ci sarà un’attenzione speciale alle famiglie, attraverso un sistema di deduzioni o detrazioni collegate al reddito e al numero della prole. Non è però chiaro se la riforma garantirà gli stessi effetti che il fisco produce in Paesi come la Francia o la Germania, dove ogni figlio permette sempre, e a tutti i genitori, di beneficiare di un consistente e tangibile risparmio fiscale rispetto a chi non ha carichi di famiglia. A quanto ammonterà lo “sconto-figli” in Italia?
È importante che su questo argomento vi siano impegni e chiarezza. L’Assegno unico ha avuto un ruolo importante nel contrastare la povertà delle famiglie, ma proprio la sua natura altamente progressiva ne ha limitato l’universalità e la semplicità, e di conseguenza ne ha ridotto l’efficacia come misura contro il calo delle nascite. Con l’introduzione dell’Assegno, e la contestuale cancellazione delle detrazioni per i figli, circa un quarto delle famiglie ha percepito più di prima, ma più due terzi dei nuclei non hanno avuto alcun beneficio, mentre uno su dieci, anche tra i poveri, ha peggiorato la propria situazione. Per quasi otto famiglie su dieci l’Assegno unico ha rappresentato un problema economico o burocratico.
Nella valutazione della riforma fiscale la prima preoccupazione dovrebbe essere quella di capire come questa potrà integrarsi con l’Assegno unico per assicurare, tra sconti fiscali ed erogazioni monetarie, una dote fissa per ogni figlio non inferiore a quella dei vicini europei, così da sostenere i genitori nel compito di crescere e educare la prole, e allo stesso tempo servire l’obiettivo di far ripartire le nascite. Una vera emergenza nazionale.