Alta affluenza (forse oltre il 40%, ma il dato è ancora incerto) e il 98% di sì: in queste due dati si riassume la scommessa vinta dal generale al-Sissi con il suo referendum costituzionale, dal quale l’Egitto post-Mubarak e post-Morsi dovrebbe ripartire, lasciandosi alle spalle i tormentati anni delle rivoluzioni (due, tre?) che hanno contraddistinto il suo recente passato. Si tratta di una partecipazione e di un consenso ben superiori a quelli registrati in occasione della precedente consultazione referendaria convocata dall’allora presidente Morsi (destituito proprio da al-Sissi e ora in carcere) per l’approvazione della "sua" Costituzione islamista (che rispettivamente si attestarono al 33% e 64%). Sono la fotografia di un Paese sicuramente spaccato in due, dove però il sostegno ai militari e al nuovo regime appare maggiore rispetto a quello che i Fratelli musulmani sono stato in grado di raccogliere dall’inizio della rivoluzione del 2011. Il referendum si è svolto sotto il duplice peso delle minacce dei sostenitori della Fratellanza, che aveva invitato esplicitamente a boicottare il voto, e dell’apparato persuasivo dei militari.Inutile nasconderlo: se la destituzione di Morsi ha registrato un ampio consenso nel Paese anche perché le scelte del presidente e la Costituzione che aveva promulgato facevano ritenere che il Paese avesse imboccato la via di un "autoritarismo islamista", la vita pubblica sotto la leadership del generale al-Sissi ha conosciuto un sicuro arretramento delle libertà politiche e della tutela delle opinioni dissenzienti. Saranno in realtà i prossimi mesi a dirci quanto, a "normalizzazione" avvenuta, il nuovo regime che la Costituzione disegna (e al quale il referendum ha portato la sanzione del sostegno popolare) accentuerà i suoi tratti cesaristici o viceversa si evolverà in direzione liberale.È però nel campo delle libertà civili che la Costituzione approvata nei giorni scorsi segna un deciso avanzamento rispetto a quella fortemente voluta dai Fratelli, la quale, oltre a consentire l’islamizzazione progressiva dei costumi, toglieva alle donne (e alle minoranze religiose) molte delle conquiste novecentesche. E proprio le donne, sempre stando ai primi dati e alle lunghe file osservate dinanzi ai seggi, sembrano aver avuto un peso decisivo nella netta vittoria di al-Sissi (e nella sconfitta di Morsi), andando a votare in misura superiore agli uomini. Si confermerebbe così anche per l’Egitto il ruolo cruciale che la componente femminile sta giocando nel mondo arabo, scosso dalle convulsioni di rivoluzioni e guerre civili. Come già in Tunisia, sono ancora una volta le donne a ergersi a paladine della difesa delle libertà civili, consapevoli che se queste vengono conculcate o negate, le libertà politiche si svuotano. E sono loro a rappresentare la barriera più efficace contro quella marea islamista radicale che tante volte è sembrata dover prevalere come esito conclusivo dei sinceri aneliti di libertà, dignità ed equità che restano alla base delle "primavere arabe". Molto più dei loro concittadini maschi, le donne arabe sono consapevoli – per averlo sperimentato a lungo sulla loro pelle e per essere comunque ancora troppo spesso ampiamente discriminate – che l’edificazione della libertà politica non può avvenire a scapito delle libertà civili. Tante volte, in questi anni, si è scritto di come la diffusione e il consolidamento della democrazia nel mondo arabo sarebbe passata attraverso un ruolo più attivo delle donne. Ora, forse, è proprio questo ciò a cui stiamo assistendo. Ed è il principale segnale di speranza per il futuro di quel risveglio che le primavere arabe hanno comunque prodotto e di cui esse stesse sono una manifestazione.Per noi osservatori occidentali, infine, si conferma la necessità di essere estremamente cauti nell’attribuire patenti di democraticità a questo o quel movimento o nell’emettere condanne di tale e talaltro leader politico. La realtà del mondo arabo, in questa fase storica, è molto più complessa e può vedere convivere la legittima preoccupazione per lo stato delle libertà politiche accanto al riconoscimento di un effettivo avanzamento per le libertà civili, come nell’Egitto di al-Sissi.