I rigurgiti fascisti e i cittadini da formare alla comune appartenenza
sabato 29 giugno 2024

Non sappiamo, e non possiamo sapere, se i giovani inneggianti al duce, al fascismo e al nazismo, quelli che disprezzano ebrei, neri e disabili, quelli che augurano il peggio a Elly Schlein e a Ilaria Salis siano una piccola parte o la maggioranza dei militanti di Gioventù nazionale, il movimento giovanile di Fratelli d’Italia. Ci rifiutiamo di credere nella seconda ipotesi (se non altro per amore di Patria, visto che si tratta attualmente del primo partito per consensi) e speriamo nella classica formula dei “pochi casi isolati”. Che però, data l’enormità degli elementi saltati fuori dal lavoro di Fanpage, sono già troppi e ripropongono quello che è sempre stato il problema della destra italiana: le sue radici nel ventennio fascista. Ma qui non discutiamo di reduci e combattenti della Repubblica sociale, o dei loro diretti discendenti. Quelli che parlano come squadristi degli anni 20 del Novecento (a proposito, si è appena commemorato con grande sintonia istituzionale il centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, sembrava troppo bello...) sono ragazzi, alcuni minorenni.

Si dirà che i giovani in politica sono sempre più “radicali” degli adulti, che anche nei partiti di sinistra e di centrosinistra c’è chi trova giusto occupare le case o inneggiare ai terroristi di Hamas. Ha provato a dirlo anche la premier Giorgia Meloni, giovedì notte a Bruxelles, ricadendo in quell’atteggiamento un po’ vittimista secondo cui solo a Fratelli d’Italia verrebbero riservate certe attenzioni da parte dell’informazione.

Ma le frasi registrate non possono essere negate e portano a galla – forse è il dato più allarmante, perché rivela la consapevolezza di quanto siano inaccettabili certi atteggiamenti – una doppia faccia di questa giovane classe politica: in pubblico facciamo i bravi, però tra noi ci salutiamo a braccio teso e arriviamo a insultare una senatrice del nostro stesso partito in quanto di religione ebraica.

E qui dall’antico problema della destra italiana si passa a un problema ancora più grande e diffuso: l’educazione alla politica e la formazione delle nuove generazioni. Nei partiti ma anche (innanzi tutto?) prima dei partiti: a scuola, nelle associazioni di ogni tipo, nelle parrocchie. Non solo di coloro che vorranno impegnarsi in politica “da grandi”, ma di tutti, in quanto cittadini. Serve una comune educazione alla democrazia, alla libertà propria e altrui, alla non discriminazione, tutti ingredienti già presenti (e ben miscelati!) nella Costituzione della Repubblica, che andrebbe studiata, conosciuta, commentata fin da giovanissimi.

Poi ciascuno seguirà i propri ideali, ma senza mai mettere in discussione il comune “terreno di gioco”, ma soprattutto la comune appartenenza alla stessa comunità democratica. Si chiama patriottismo repubblicano. Che non è compatibile con “simpatie” (termine quanto mai inadatto, ma “nostalgie” lo sarebbe ancora di più, trattandosi di giovani) verso il fascismo o qualsiasi altro regime dittatoriale o autoritario. La formazione alla cittadinanza dovrebbe servire a rendere superflua una precisazione di questo tipo. E il fatto che se ne debba ragionare 76 anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione dimostra che qualcosa è andato storto.

Colui che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito «l’uomo dell’orizzonte comune», Carlo Azeglio Ciampi, fece proprio del patriottismo repubblicano (ed europeo) e della «pedagogia civile» la cifra del suo settennato al Quirinale. Non sbagliava, il presidente Ciampi: senza il “sottofondo” non è possibile asfaltare una strada. E senza una strada non si va da nessuna parte, si resta sempre al (brutto) punto di partenza.

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