L'Italia tra manovra e partite estere: piccole forze e grandi debolezze
domenica 15 dicembre 2024

Impietosa come una prova costume, la fine d’anno ci regala una fotografia del nostro Paese per com’è realmente, con le sue forze e le sue debolezze. Le prime paiono rappresentare un’Italia capace di capitalizzare la sua inedita stabilità interna su uno scenario internazionale mai così instabile. Ad aiutare c’è anzitutto il confronto con i vicini di casa, una Francia e una Germania alle prese con un’incertezza politica ed economica senza precedenti per profondità e soprattutto simultaneità. Ma restando a noi, la rilevanza conquistata in sede europea al termine di un lungo slalom partito dal voto di giugno e terminato con la risicata rielezione della commissione Von der Leyen (con i voti di FdI), il lesto riposizionamento sulla futura America a guida trumpiana e pure il recente riconoscimento della leadership di Giorgia Meloni venuto dalla stampa estera confermano la capacità di consolidare una percezione di affidabilità che, nel recente passato, ha funzionato invece a intermittenza.

Perché, quando le acque erano più agitate in casa che fuori, a emergere - e a prevalere nella realtà e nel racconto - erano soprattutto quelle debolezze economiche e “strategiche” che ci portiamo dietro da decenni. Tali debolezze però restano, eccome se restano. È l’altra faccia della foto di fine anno. Quella che ci racconta, ad esempio, di una manovra di bilancio pensata - e apprezzata - per il suo essenziale obiettivo di non scassare i conti pubblici, ma che ora vede compiere i suoi ultimi passi tra mance, ripicche e raschiamenti vari di un barile che non ne può più. Il finale è già scritto ed è da “pari e patta”, con un crescendo di tensione e polemiche che si spegneranno giusto in tempo per gli auguri di Natale.

Nelle fotografie c’è chi ci vede solo il bello e chi ci vede il brutto, è umano. Nella realtà, i due stanno insieme e ce li dobbiamo tenere entrambi. Può valere la pena metterli a sistema, se è vero – come emerge dalle ultime previsioni macroeconomiche di Banca d’Italia, diffuse venerdì – che le chance di crescita per la nostra economia sono legate a filo doppio con quanto capiterà fuori dai nostri confini, ovvero dalla capacità del nostro export (previsto in crescita) di dribblare le probabili politiche protezionistiche in arrivo. Non solo: per gli economisti di Via Nazionale anche «le perduranti tensioni connesse con i conflitti in corso che potrebbero incidere negativamente sulle vendite all’estero e, tramite un peggioramento della fiducia di famiglie e imprese, sulla domanda interna». Niente di buono, tanto che Banca d’Italia ha limato a +0,5% le previsioni di crescita per il 2024. Ma niente di nuovo, anche: lo scenario sconta la tipica complessità di un mondo globalizzato e in forte tensione. Dove la tentazione del «multiallineamento» è fisiologica, come ha ricordato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parlando venerdì al corpo diplomatico. Una tentazione, però, che «mette a nudo l’assenza di visione strategica dell’interesse comune, nel cui ambito soltanto trova spazio quello effettivo di ogni singolo Paese».

Soprattutto se è l’Italia, pur grande Paese ma di un Continente sempre più marginale. La piccola forza che ha saputo costruire sugli scenari internazionali va dunque convogliata sulle grandi debolezze che restano in casa, dove l’economia arranca per la fine del superbonus e per un effetto Pnrr ancora inferiore alle attese. Che siano le grandi partite della nuova stagione europea - dove non si potrà non affrontare nodi come Eurobond e revisione del Green deal - o che siano i rapporti con la Cina o con gli Stati Uniti, è proprio qui che vanno gettate le basi per un rilancio capace di andare oltre l’orizzonte di una manovra di bilancio.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: