Sono decine e decine le città americane con normative che fanno valere il cosiddetto 'diritto al bagno' per i transgender - cioè l’accesso ai bagni per uomini o per donne a seconda del genere cui 'si sente' di appartenere e non dell’apparato sessuale riproduttivo - in nome della lotta a ogni tipo di discriminazione, e non soltanto nelle scuole. Lo scorso 22 dicembre il New York Times ha dato notizia di apposite linee guida emanate dall’amministrazione di New York. Il documento, co-firmato dal sindaco De Blasio e dal Presidente della Commissione Diritti Umani della città, dettaglia l’applicazione di una legge locale sui transgender approvata nel 2002, il 'Transgender Rights Bill', che ha l’obiettivo di assicurare protezione alle persone il cui «genere e immagine di sé non si accordano pienamente al sesso legale assegnato alla nascita». Oltre all’ormai ovvio 'diritto al bagno' - che dalle scuole viene esteso a tutti i luoghi pubblici della città - si parla anche di codici di abbigliamento e uso di nomi e pronomi, sempre in ambito pubblico: il tutto rigorosamente regolato a seconda dell’identità di genere percepita, e non del sesso assegnato alla nascita, a prescindere da interventi farmacologici o chirurgici, che possono esserci o meno, ma che secondo questa linea di pensiero devono riguardare esclusivamente il privato del singolo cittadino, e non debbono influire sull’identità socialmente riconosciuta.
Ma non si tratta 'solo' di usi più o meno discutibili di bagni pubblici o il modo di pettinarsi, truccarsi e vestirsi: le conseguenze di quella che a tutti gli effetti è una marcia trionfale verso l’eliminazione di ogni differenza sessuale, esplodono nella condizione in cui è massima l’espressione dell’identità sessuata, e cioè nella generazione di un figlio. Finora, infatti, indipendentemente dalle modalità del concepimento - naturale o con fecondazione assistita - un bambino può essere generato solo dall’unione di gameti appartenenti a persone di sesso diverso, e solo una donna può partorire un bambino: è bene ricordarlo, anche se è sempre imbarazzante ribadire un’ovvietà di questa portata. In altre parole, si può generare al maschile o al femminile, cioè si può essere padri oppure madri, ma non contemporaneamente tutte e due le figure. Ma fra i 'nuovi diritti' dei transgender si sta creando anche quello di poter essere contemporaneamente madre biologica e padre legale, o viceversa (padre biologico e madre legale). Lo scorso novembre la rivista scientifica Fertility and Sterility ha pubblicato un documento del Comitato etico della Asrm (Società Americana per la Medicina Riproduttiva), riguardante l’accesso ai servizi di fertilità delle persone transgender.
S i tratta di una presa d’atto di una situazione già esistente e documentata nella letteratura dedicata, che nell’articolo in questione viene trattata in termini di 'diritto': quello dell’accesso dei transgender a tutti i servizi di fecondazione assistita, compresa la «preservazione della fertilità prima della transizione di genere». Di che si tratta? Gli autori lo spiegano con chiarezza. Una persona transgender può essere un uomo transgender, la cui definizione è sintetizzata nell’acronimo Ftm (in Transizione da Femmina a Maschio) o una donna transgender, Mtf (in Transizione da Maschio a Femmina). Si tratta di termini che includono «persone a diversi stati di transizione, dal punto di vista fisico, delle emozioni e temporale. Le persone transgender possono scegliere se alterare o no i loro corpi con ormoni o interventi chirurgici. Alcuni comunque, escludono per scelta la chirurgia e si affidano a trattamenti come le terapie ormonali». Ogni percorso di transizione è quindi personalizzato e unico, ed è anche variamente reversibile, poiché senza un intervento chirurgico che modifichi radicalmente l’apparato genitale riproduttivo è possibile mantenere la propria fertilità. Ad esempio, sono documentati gravidanze e parti di persone transgender che da donne sono passate a uomini, dal punto di vista sociale e legale, conservando però utero e ovaie, e quindi in grado di affrontare una gestazione (ex. A. Light et al. Transgender Men Who Experienced Pregnancy after Female-to-Male Gender Transitioning, Obstetric and Gynecology (2014), 124, 1120). Si tratta di persone che hanno concepito naturalmente, o anche a seguito di trattamenti di fecondazione assistita. Cioè si tratta di persone che potrebbero essere padri legali - poiché la percezione di sé come maschi, come abbiamo visto, sta diventando sufficiente per essere riconosciuti anche legalmente come tali - e madri biologiche allo stesso tempo (alcune madri biologiche hanno contribuito solo con la gravidanza, altre anche con i propri gameti), dello stesso bambino.
Ma non solo. Poiché molti transgender desiderano comunque avere figli dopo la transizione, diversi professionisti del settore concordano sul diritto di queste persone anche a preservare la fertilità, cioè: prima di sottoporsi a qualsiasi trattamento medico per la transizione possono crioconservare i propri gameti o gli embrioni generati, in modo da poterli comunque riutilizzare successivamente, a transizione compiuta, con tecniche di fecondazione in vitro. In questo modo ad esempio un transgender che da uomo è diventato donna, se prima dei trattamenti ha crioconservato il liquido seminale, potrà usarlo successivamente, a transizione terminata, e diventare così padre biologico essendo comunque donna da un punto di vista legale, visto che la percezione di sé come donna la fa riconoscere come tale anche dalle istituzioni pubbliche. Gli autori del documento della Asrm sottolineano che «la riproduzione assistita può includere l’intera gamma dei servizi di fertilità e non differisce materialmente da quelli offerti a persone non transgender», anche se i transgender devono essere informati su tutti i rischi degli eventuali trattamenti ormonali necessari per la fecondazione in vitro, trattamenti che potrebbero interferire pesantemente, se non sostituirsi, con quelli impiegati per la transizione di genere.
D' altra parte giuridicamente negli Stati Uniti non esistono divieti alla riproduzione di persone transgender, che quindi - conclude il documento non devono subìre discriminazioni per via del loro stato, ma debbono poter essere trattate come tutti, ed avere le stesse opportunità già disponibili a chiunque abbia perso la propria capacità riproduttiva. Riguardo ai nati in queste situazioni, si ribadisce il fatto che i bambini hanno bisogno innanzitutto di genitori affettuosi che rispondano ai loro bisogni, e che piuttosto che il cambiamento di genere del genitore è la perdita di contatto con lui a danneggiare i bambini. 'Love is love', insomma: lo slogan con cui Obama ha festeggiato la sentenza della corte Suprema americana che ha sdoganato il matrimonio gay nella federazione, si sta estendendo anche alla genitorialità sessualmente indefinita, dove si può arrivare al collasso del padre e della madre in un’unica figura, in cui i contributi biologico e sociale, dopo essersi separati all’interno dello stesso sesso - il padre sociale accanto a quello biologico, per esempio - tornano a coincidere, ma stavolta in sessi opposti.