Caro direttore, pare dunque che si vada verso un sistema proporzionale “puro”, senza alcuna forma di coalizione e senza nessuno strumento che favorisca la costruzione di maggioranze politiche stabili. Il nuovo che avanza seppellisce un ventennio di mitologie maggioritarie e il cosiddetto Rosatellum – che noi avremmo emendato in più punti, ritenendolo comunque un testo base ragionevole – pare quasi sia stato una mossa tattica. Si sbandiera invece il proporzionale puro con la soglia del 5 per cento e si esibisce come un trofeo l’auspicato scalpo delle formazioni oggi minori: sarebbe la loro esclusione dal futuro Parlamento la garanzia per una nuova efficienza della democrazia italiana.
Lo chiamano “modello tedesco”, evocando la tradizionale forza della Germania; dimenticano però che in Italia non abbiamo la mentalità degli elettori tedeschi e neppure abbiamo più – purtroppo – il loro robusto, credibile e radicato sistema di partiti. Il nuovo mantra sembra essere: una legge qualsiasi, pur di votare subito. E su questo baratto si va aggregando, pare, una larga, allegra maggioranza. Il rischio forte dell’esercizio provvisorio in assenza di una legge di bilancio per il 2018, che ovviamente non vedrà la luce nei tempi stabiliti se si vota in autunno, viene archiviato come accettabile “danno collaterale”. Lo scenario che si profila non lascia pensare a nulla di buono: quello che traspare è un confuso mosaico di solitudini. Qualcuno è attirato, more solito, dal gusto liberatorio dell’opposizione. Molti sono rassegnati – o puntano – alle “larghe (vedremo quanto) intese” tra Pd e Forza Italia: un accordo che sarebbe praticato dopo il voto ma negato prima, davanti agli elettori: la gente sarà sempre più indotta così ad allontanarsi dalla politica e ad affidarsi agli sciamani antisistema.
Altri ancora si arroccheranno nella condanna del “grande inciucio” e cercheranno di trarne il massimo vantaggio. Tutte, comunque, solitudini in un mosaico confuso e privo di una trama convincente. Triste rappresentazione di una politica che ha perso – allo stesso tempo – sia il senso delle diversità ideali, sia quello della “cultura coalizionale”. Coalizione è certamente fatica, mediazione, rinuncia ad arroganze e veti: ma è soprattutto vincolo di responsabilità e di solidarietà. Merce rara, temo, di questi tempi.
*Presidente dei deputati di Democrazia Solidale-Centro Democratico