Le gite scolastiche – o, come si dovrebbe dire più correttamente, i 'viaggi di istruzione' – sono nell’occhio del ciclone. Mezzi di trasporto usurati o autisti irresponsabili (perché non rispettano i turni di riposo oppure assumono alcolici prima di mettersi alla guida) rischiano di aumentare le preoccupazioni dei docenti accompagnatori, tanto più dopo l’emanazione della nota ministeriale dello scorso 3 febbraio che invita i professori a «verificare l’idoneità e la condotta del conducente e l’idoneità del veicolo». In particolare agli insegnanti viene richiesto di «prestare attenzione alla velocità tenuta, che deve sempre essere adeguata alle caratteristiche e condizioni della strada, del traffico e ad ogni altra circostanza prevedibile, nonché entro i limiti prescritti dalla segnaletica e imposti agli autobus»; infine – recita ancora il testo diramato a tutte le istituzioni scolastiche – «in maniera empirica si dovrà prestare attenzione alle caratteristiche costruttive, funzionali e ad alcuni importanti dispositivi di equipaggiamento: l’usura degli pneumatici, l’efficienza dei dispositivi visivi, di illuminazione, dei retrovisori». Recentemente, poi, in alcuni casi le gite e le uscite didattiche hanno purtroppo messo in luce il persistere di una sostanziale inadeguatezza nell’integrare gli alunni disabili o caratterizzati da situazioni particolari come l’autismo. Anche se va detto che i casi negativi non sono necessariamente emblematici della generalità delle situazioni e non devono oscurare quanto di buono si fa, a vantaggio dei più fragili, nella stragrande maggioranza delle scuole italiane. È un peccato che un momento fondamentale in termini culturali ed educativi quale la gita rischi di entrare, per queste e altre ragioni, in crisi. Per parte loro, inoltre, gli stessi insegnanti sono sempre meno disponibili ad accompagnare i ragazzi. Già negli anni scorsi alcuni singolari pronunciamenti giudiziari li hanno caricati di responsabilità insostenibili: se, poniamo, uno studente malauguratamente cade da un balcone – in base a una discutibile sentenza della Cassazione – è possibile ritenere i docenti accompagnatori responsabili di non aver scelto un albergo con le camere tutte al piano terreno. Non c’è dunque da biasimarli se spesso si rifiutano di portare gli alunni in gita. Eppure il viaggio di classe è uno dei modi migliori per trasformare un gruppo di adolescenti magari male amalgamati in una comunità. Si tratta infatti di un’occasione insostituibile di socializzazione e di condivisione (e anche di reale integrazione nella classe di tutti i suoi membri). Un’esperienza che i ragazzi tenderanno a ricordare, anche a distanza di molti anni, più di tutto il resto di un anno scolastico.