Una manifestazione contro la globalizzazione in Svezia - Ansa
Crollato il comunismo, il capitalismo avrebbe usato ogni mezzo per spadroneggiare e affermarsi, anche in maniera selvaggia. Così pensava Giovanni Paolo II intervistato nel 1993 da Jas Gawronski. Se si considera l’attuale stato dell’economia planetaria, le parole profetiche del Papa polacco si sono avverate. Il culto dell’economia di mercato, onnisciente e onnipotente con il motore turbo dello sviluppo tecno-scientifico, sta facendo crescere le disuguaglianze, che divengono così enormi da minacciare le democrazie. Steve Bannon, capo della strategia elettorale vincente di Donald Trump nel 2016, e Peter Thiel, fondatore di PayPal, il più purista degli adoratori delle nuove tecnologie a Silicon Valley, dubitano che la libertà e la democrazia siano compatibili.
La supremazia del mercato iper-liberista sulle regole democratiche ha prodotto la deregulation sui beni comuni globali, permettendo all’antropocentrismo di saccheggiare il pianeta Terra. Le ricadute devastanti sugli ecosistemi e sulla salute pubblica, esacerbate in un circolo vizioso dalle disuguaglianze crescenti, sono davanti agli occhi di tutti. L’industria delle armi, il settore più prepotente e sfacciato del libero mercato, alimenta e sfrutta i conflitti, potenzia i genocidi mascherati come guerre locali, calpesta tutte le regole del diritto internazionale e sfonda i limiti imposti dal dettato costituzionale di diversi Paesi. La fede cieca nel trickle down, che teorizzava che una tavola riccamente imbandita lascia sempre cadere delle briciole ai più poveri, è stata smentita dai rapporti fattuali che dimostrano la forza dirompente del trickle up, un’economia che sposta sempre più profitti verso i più ricchi.
Secondo Angus Deaton – premio Nobel per l’economia 2015 e tra i più autorevoli critici dell’attuale sistema economico – per affrontare la policrisi di democrazia e mercato si deve “ripensare il capitalismo”: così ha titolato la lezione tenuta per la quarta edizione della Scuola di Economy of Francesco nel luglio 2024. Tra decine di studiosi, quasi tutti occidentali, insigniti con un Nobel dell’economia dal 1994 ad oggi, molti sono stati premiati per le loro acute visioni delle distopie del capitalismo.
È dunque un pensiero deformato ritenere che il mercato si regoli da solo e possa collaborare solo con un sistema Stato che lo assecondi. Ma è anche vero che è più la pancia degli elettori che il cervello dei premi Nobel a orientare le democrazie. Ecco perché serve un nuovo protagonista intelligente per riequilibrare le distopie causate da un tracotante “Dio mercato” ormai onnipresente; il mercato che vorrebbe che tutto fosse trattabile e commerciabile nella società dei consumi, incluse la vita familiare, l’istruzione, la sanità pubblica e riproduttiva e ora anche la vita umana. Karl Marx (in Miseria della filosofia) anticipava: «Venne infine un tempo in cui tutto ciò che gli uomini avevano considerato come inalienabile divenne oggetto di scambio, di traffico, e poteva essere alienato». «Oggi il capitalismo conosce il prezzo di tutto e il valore di niente» sosteneva Oscar Wilde.
Se gli organismi sovranazionali e i Parlamenti nazionali sembrano troppo deboli per contrastare i potentati economici e finanziari sregolati, chi potrebbe essere il nuovo protagonista che non sogna nessuna utopia di fratellanza universale equa e solidale, ma lavora per sperimentare nuove vie più giuste e sostenibili? Come hanno suggerito papa Francesco e il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, servono comunità umane più consapevoli e responsabili, che sappiano mettersi davanti allo Stato e al mercato per mostrare loro le buone pratiche, non permettendo a mercato e Stato di trascinarle verso distopie irreversibili.
Il bengalese Muhammad Yunus, l’unico economista insignito con un premio Nobel per la Pace nel 2006, ha illustrato la collaborazione inclusiva e efficace tra Stato, mercato e comunità consapevoli per far crescere il business sociale, detto anche economia civile; si tratta di una nuova “protopia attiva” per sfuggire sia alle distopie che all’utopia e all’apatia. Si tratta dunque di un patto di convivenza civile mondiale che ponga le comunità umane al centro.
Se ne discuterà al Summit dell’Onu sul futuro del mondo a New York in settembre. Bob Kennedy metteva in guardia dall’inerzia e dal realismo di basso profilo, dicendo: «Molti uomini vedono le cose come sono e dicono: perché? Io sogno come non sono mai state e dico: perché no?».