Adesso che s’è spenta l’eco dei ragionamenti affrettati e, in qualche caso, pregiudiziali e ideologici sull’insegnamento della Religione cattolica nella scuola di un’Italia diventata «Paese multietnico», vale la pena tornarci su. Con pacatezza pari a quella usata da Giuseppe Dalla Torre, su queste stesse colonne, per ricordare la questione dell’«ora di religione» è materia concordataria e che tale insegnamento non è di tipo «catechistico», ma di rilievo culturale non trascurabile (visti gli ultimi duemila anni di storia…).Vale la pena riflettere ancora perché chi insegna a scuola sa qual è il 'peso specifico' di questa disciplina. Che non è una disciplina tra le altre, ma qualcosa di molto particolare e perciò, per molti versi, si potrebbe dire, insostituibile. Sgombro subito il campo da un sospetto: non insegno Religione cattolica, ma Italiano e Latino. E, molto laicamente, vorrei sottolineare un paio di dati oggettivi. Primo: nessuno studente può scegliere i propri insegnamenti (e, di conseguenza, i propri insegnanti), tranne che per Religione cattolica. Se non vuoi seguire l’ora di religione, puoi decidere di non avvalertene.Se alle elementari e forse ancora alle medie spesso sono i genitori a scegliere per i figli, alle superiori a decidere sono i ragazzi. Se uno studente – poniamo – il primo anno fa religione e non trova l’insegnamento soddisfacente, l’anno successivo probabilmente sceglierà di non farla più. Questo meccanismo è un formidabile incentivo alla qualità dell’offerta didattica: i docenti di religione sono motivati a fare bene proprio perché gli studenti se li devono 'conquistare' sul campo, uno a uno. Secondo aspetto. A fronte del numero di studenti che scelgono di seguire religione, rimane una percentuale di ragazzi che non se ne avvalgono (nelle scuole superiori statali si aggira intorno al 20%). Se ne discuteva qualche giorno fa nel liceo dove insegno, durante il collegio docenti convocato per l’approvazione del Pof (Piano dell’offerta formativa). Si trattava di stabilire quale attività o scelta porre come alternativa all’insegnamento della religione. Cosa prevista dalla legge, ma sulla quale le scuole spesso risultano inadempienti (per la mancata disponibilità dei docenti, per l’ormai storica carenza di fondi o anche solo per semplice inerzia).Si era tutti d’accordo (compresi, anzi in prima linea, gli insegnanti di religione) sulla necessità di prevedere questa alternativa, anche per evitare quell’«attrazione verso il nulla» che negli adolescenti è spesso fatale: tutti siamo stati studenti e capiamo che la tentazione di stare un’ora in meno a scuola può essere forte. Quanto all’individuazione dell’alternativa, venivano avanzate dai diversi professori le proposte più disparate: giornalismo, musica, lingua spagnola...È stata una collega di Storia e filosofia a individuare il problema: sarebbe un sostanziale impoverimento prevedere, in alternativa all’insegnamento della Religione cattolica, una materia 'qualsiasi' (con tutto il rispetto per il giornalismo, la musica e lo spagnolo). Questo perché l’insegnamento della Religione ha in sé una dimensione esistenziale che ne fa qualcosa di molto particolare. Spesso quell’ora è l’unico momento della settimana in cui i ragazzi possono confrontarsi, con un adulto e tra di loro, sulle grandi questioni della vita: il senso del nostro essere al mondo, l’etica e i suoi valori, la solidarietà, la nostra finitudine, la morte e il suo oltre.Certo, anche altre discipline – come la filosofia, la letteratura, l’arte – offrono spunti per pensare queste problematiche. Ma spesso, per una tradizione didattica un po’ limitativa, tali aspetti passano in secondo piano rispetto all’approccio storicistico (di matrice idealistica: nella scuola italiana non si fa filosofia, per temi e problemi, ma storia della filosofia; non letteratura, ma storia della letteratura) o all’analisi formale (agli studenti non vengono richieste risposte personali a una poesia o a un romanzo, ma l’analisi della versificazione, delle figure retoriche o delle sequenze narrative).Ecco, in un tempo, come quello dei nostri ragazzi, sempre più parcellizzato e diviso tra mille impegni, l’ora di religione cattolica a scuola è un’ora in cui si consente loro di spaziare in territori più ampi, confrontandosi con una proposta 'forte' come quella cristiana che tanto peso ha avuto e ha nella cultura di questo nostro Paese. Un confronto che avviene all’insegna della massima libertà e del massimo rispetto verso convinzioni diverse. Per questo anche un insegnamento di Storia delle religioni rappresenterebbe un impoverimento: non tanto sul piano culturale, quanto su quello etico ed esistenziale.