Non sarebbe solo un’occasione persa, ma anche una pessima figura mondiale su un fronte come la ricerca biomedica d’avanguardia, considerata quasi solo nel nostro Paese come un tema stravagante per cervelloni, mentre è uno dei volani decisivi dello sviluppo. Il tiro al bersaglio cui è stato sottoposto Mauro Ferrari – presidente designato della nuova Commissione ministeriale nominata per far definitiva chiarezza su una presunta terapia rimasta sinora incredibilmente ignota anche a chi la somministra – è lo specchio di una situazione grottesca.
Tornato dagli Stati Uniti, padre mondiale della nanomedicina, Ferrari ha dovuto amaramente ripassare i motivi che l’hanno indotto a cercare (e trovare) fortuna a Houston, dov’è a capo di una struttura ospedaliera e scientifica con alcune migliaia di dipendenti. Avendo detto in ogni sede – cominciando dall’intervista ad Avvenire, la prima dopo il suo arrivo, e anche davanti ai microfoni delle Iene televisive di Italia 1 – che «l’obiettivo è di stare al servizio di chi soffre» e di «trovare soluzioni concrete per il bene primario del malato», è stato fatto oggetto da grandi nomi della ricerca italiana di insinuazioni personali su presunti conflitti di interesse, assalti critici contro la sua scelta di spiegare pubblicamente che cos’è venuto a fare, persino accuse di incompetenza. Che rivolte a una personalità che sta contribuendo a scrivere il futuro della medicina danno il segno del livello su cui è attestata certa scienza 'ufficiale' del nostro Paese.
Per capirci: il metodo Stamina potrebbe rivelarsi poco più che un pannicello caldo. Ma le famiglie, i bambini, i malati hanno il diritto che lo si provi subito al di sopra di ogni ragionevole dubbio. E che si dica loro, se siamo di fronte a una truffa, chi intende mettersi al loro fianco. E questa è molto più di una priorità.