Frustrazioni, violenze, umiliazione della donna: così agisce il «cybersex». Uno studio su «Civiltà Cattolica»
Anticipiamo qui alcuni stralci dell’intervento del gesuita Giovanni Cucci su «Cybersex: una dipendenza insidiosa» nel nuovo fascicolo di «La Civiltà Cattolica», in uscita sabato. Info: www.laciviltacattolica.it.
Una modalità particolarmente distruttiva di dipendenza è quella da pornografia virtuale, mediante l’accesso ai siti Internet. La dipendenza sessuale, in particolare, esprime le contraddizioni di una società e di uno stile di vita che cerca di assecondare ogni possibile emozione. Per questo si ritrovano in essa problemi e difficoltà molto simili a quanto riscontrato nel mondo reale. Il web presenta tuttavia anche differenze specifiche, e quindi anche nuovi motivi di preoccupazione, rispetto alla pornografia stampata e in dvd. Anzitutto il tempo dedicato alla navigazione (e l’influsso che tutto ciò presenta sulla fantasia e la mente) tende ad ampliarsi. L’offerta sempre nuova e facilmente disponibile porta a un sensibile aumento di questa dimensione nella vita del dipendente. Al Cooper, uno dei pionieri in questo campo, notava come la quasi totalità del campione della sua ricerca trascorresse in attività legate al cybersex almeno 10 ore alla settimana. Il tempo libero – e non solo – finisce così per essere progressivamente eroso dallo schermo del computer, facendo ritardare sempre più l’orario del sonno. È inoltre rilevante la modalità di diffusione: a differenza del mezzo stampato, esso raggiunge una fascia sempre più grande. Ciò può diventare pericoloso per chi, nell’età dello sviluppo, comincia a fare i conti con la dimensione delicata e complessa della sessualità (insieme alle sottostanti e altrettanto critiche problematiche legate alla solitudine, al senso di inferiorità e di frustrazione, cui la pornografia sembra offrire una potente modalità di compensazione). Un altro punto rilevante è l’anonimato, che può coprire difficoltà relazionali o la mancata accettazione di sé: un semplice clic consente di entrare ovunque con facilità, e soprattutto di decidere quale identità assumere, grazie alle innumerevoli possibilità offerte dalla comunità virtuale. Si avverte così la concreta sensazione di essere onnipotenti. Anonimato significa anche trovare gratuitamente dalla propria stanza materiale a volontà, anche se poi molti tendono a essere risucchiati dai siti a pagamento, rovinandosi economicamente. Vi è poi, come in ogni dipendenza, l’incapacità di fermarsi, di staccare, di dire «no» al pensiero di continuare a navigare. Gli studiosi parlano della dipendenza sessuale associandola al craving (desiderio irrefrenabile), proprio anche della dipendenza da sostanze. Qui non si danno disturbi fisici per le crisi di astinenza (che è soprattutto di tipo psicologico) ma piuttosto un forte malessere generale e una crescente irritabilità. (...)
Attualmente la maggior parte degli utenti che frequentano siti pornografici su internet sono adolescenti. Secondo i dati di Internet Filter Review, negli Usa l’età media dei bambini che entrano a contatto con la pornografia online è di 11 anni; coloro che maggiormente accedono al cybersesso hanno tra i 12 e i 17 anni. In Italia il 61% dei visitatori rientra nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni, ma secondo i dati di Covenanteyes (un sito che si occupa di prevenzione e aiuto a uscire dalla pornodipendenza), l’80% di essi entra in contatto con la pornografia prima della maggiore età. Anche nel nostro Paese un ragazzo comincia a visionare pornografia in media all’età di 11 anni, quando si vede regalare dal genitore l’iPhone, senza pensare alle sue illimitate possibilità di accesso, le quali, unite a curiosità e inesperienza, porteranno in molti casi a conseguenze terribili, avvertite per lo più troppo tardi. (...)
Il cybersex è un virus che infetta la facoltà più alta dell’uomo: la sua intelligenza. Anzitutto a livello di immaginazione. I siti frequentati finiscono per dominare la vita, lo studio, gli impegni di lavoro, le relazioni, lo svago, gli interessi, favorendo la tendenza a vedere le persone come corpi pornografici. Il dipendente trova sempre più a instaurare rapporti di amicizia e di affetto, finendo per crearsi un mondo parallelo, alternativo a quello in cui vive e a rifugiarvisi sempre di più, non sopportando il peso e le frustrazioni della vita ordinaria. Da qui l’inevitabile correlazione tra incremento della pornografia e disinteresse nei confronti degli altri aspetti della vita. Quanto visionato, oltre a ossessionare la mente, la impoverisce, fino ad atrofizzarla. Le immagini pornografiche presentano il più basso grado di memorizzazione, e il cybersex, a sua volta, registra un ulteriore decremento cognitivo rispetto alla pornografia stampata. E non a caso. L’eccitazione provocata dalla pornografia sul web ha infatti un fortissimo impatto atrofizzante sui processi cognitivi, come la memoria, la riflessione, la capacità di attenzione ed elaborazione critica, e quindi sulla libertà e capacità di prendere le distanze dal vissuto emotivo. Come per il paese dei balocchi di Pinocchio, il cybersex è una dolce trappola da cui diventa sempre più difficile uscire. (...)
Il cybersex si rivela così strutturalmente disumano: esso porta a mettere in atto comportamenti che tendono a considerare l’altro in termini di oggetto di piacere. Da qui il forte legame tra pornografia e violenza, un sintomo eloquente della sensazione di indegnità e rabbia interiore. Inoltre la diminuzione della energia sessuale, conseguenza del cybersex, porta il dipendente a dover aumentare le dosi per riaffermare il proprio potere e giungere all’eccitazione umiliando l’altro, soprattutto con la violenza e la prevaricazione. La perversione sessuale è un incrocio stretto di potere e violenza inflitta all’altro. È la conseguenza più inquietante della pornodipendenza, mostrata dall’aumento di comportamenti violenti nei confronti delle donne, fino alle sevizie e all’omicidio.
I sempre più numerosi casi di cronaca nera al riguardo mostrano quanto il legame pornografiaviolenza possa con facilità degenerare in esiti tragici. (...) L’incremento della diffusione di siti pornografici è impressionante. I seguenti dati possono darne un’idea: nell’anno 2018 un solo sito pornografico ha registrato quasi 34 miliardi di visitatori (92 milioni al giorno), con un aumento di 14 milioni rispetto al 2017. Sembra che il numero di questi siti si aggiri attorno ai 150 milioni, di cui almeno 5 milioni specializzati in pedopornografia. È difficile avere dati precisi, sia per la caratteristica oscura e liquida del dark web sia per il suo rapido e capillare incremento (ogni giorno compaiono in media 300 nuovi siti), ma sembra che il porno occupi il 30% del traffico internet, e ogni minuto registri 63.000 visitatori, con un guadagno di almeno 5.000 dollari al secondo. Considerato lo stretto rapporto tra pornografia e violenza sessuale, appare ancora più triste e opportunista la decisione a livello europeo, nel marzo 2013, di non bandirla dal web in tutte le sue forme, comprese quelle della pubblicità e del turismo sessuale (a meno che non abbia i connotati della pedopornografia). Emerge l’impassedelle odierne società democratiche, che da un lato incoraggiano ogni forma di comportamento e pensiero in nome della libertà di espressione, dall’altro comminano punizioni sommarie (che alle fine si rivelano simili alle celebri 'grida' manzoniane) non appena le conseguenze nefaste divengono di dominio pubblico. In ogni caso, ci si guarda bene dal mettere in discussione i «serbatoi culturali » a cui i perpetratori per lo più attingono, perché ciò andrebbe a scapito di inveterati interessi economici e di potere.
È in gioco il futuro di intere generazioni che si vedono rubare i propri sogni e gli affetti più cari da una visione distorta e falsa della sessualità, per ridursi a oggetto di consumo. Il confronto con quanto visionato sui siti (considerati come eventi reali e non, come per lo più avviene, come finzione) aumenta nel ragazzo l’ansia da prestazione e il senso di inadeguatezza e vergogna, considerandosi indegno di stima e di affetto. Tutto ciò finisce per condizionare non solo i comportamenti sessuali (attuati secondo il modello della pornografia) ma il più generale ambito delle relazioni, connotate dalla spersonalizzazione e dalla violenza.