venerdì 6 aprile 2012
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​Era il tratto di strada che più mancava a un governo dal passo obbligatoriamente veloce, per il quale l’orizzonte del Mezzogiorno sembrava piuttosto defilato. Non che una visita possa, di per sé, risolvere problemi. Ma nei pochi chilometri di distanza tra Napoli e Pompei, nell’area più densamente abitata d’Europa, questo passaggio governativo è apparso – e forse sta qui il primo merito – come una forma di (per quanto possibile) discreta e coordinata mobilitazione. È parsa quella giusta, innanzitutto, la formazione schierata in campo, tenendo conto di tutti molteplici aspetti di una «partita» lunga e difficile come poche altre, e che, per la verità, continua trascinarsi abbondantemente oltre i tempi regolamentari.Anche per questo una visita a mani vuote avrebbe avuto ben scarso senso e valore; senza dimenticare, tuttavia, che, in passato, anche molti "pacchi-dono" si sono rivelati più che fasulli. Tanto più quando le attenzioni si erano rivolte a Pompei, diventata, non a caso, tragico e letterale emblema di se stessa, come degradato e barcollante giacimento di rovine. La sfida che il governo Monti ha intrapreso con la realtà del Mezzogiorno parte ora proprio dalla città degli scavi messa a centro di un progetto di riqualificazione del sito archeologico, di qui al dicembre del 2015. Un cantiere che s’avvia, quindi, con i fondi e il via libera dell’Europa. Ma un cantiere con un taglio del nastro a più mani, potremmo dire, tenendo conto delle molteplici responsabilità investite: a prima vista non meno importanti dell’entità della spesa. Se la presenza del premier è servita a testimoniare un impegno più vasto per l’intera area meridionale, i ministri che lo hanno accompagnato – a cominciare dal titolare dei Beni culturali, Lorenzo Ornaghi che, fin dal primo momento, si è preso grande cura di Pompei – hanno sottolineato ognuno per la propria parte, la complessità e la vastità dei problemi sul tappeto. In senso tecnico, per avviare il progetto, è stato necessario sottoscrivere un "protocollo di legalità" che, nell’area in questione, non richiama il semplice riferimento a un quadro di garanzie. Napoli, prima tappa della visita, oltre che porta storica, aperta su un Mezzogiorno dalle molte culture, è allo stesso tempo la metropoli che introduce, con drammatica efficacia, a quell’estesa realtà di devastazione sociale ed economica che caratterizza, non da oggi, l’intera area meridionale, e nella quale la criminalità ha messo tende e radici. Anche da questo triste versante il Sud sconta una sorta di separatezza non solo virtuale dal resto del Paese, tanto da riportare in primo piano un vecchio tema come quello della coesione nazionale. Napoli e Pompei, naturalmente, non possono essere indicate come i confini di questo primo approdo al Sud del governo Monti. Sullo sfondo c’è la realtà più vasta dei disagi di una crisi economica che in quest’area rende insostenibili cifre e dati già allarmanti. Dopo dichiarazione di diverso segno, la visita tra Napoli e Pompei ha spostato il tiro sul piano di una promettente concretezza. Si tratta certamente della strada giusta, soprattutto se il "Grande Progetto Pompei" non resterà un evento isolato e finirà con il spianare la strada a quel «subbuglio innovativo» al quale si è riferito il presidente del Consiglio. Si può pensare, in positivo, proprio a una concatenazione di eventi – come quello appena avviato per Pompei – dai quali può alla fine scaturire qualcosa di più importante o addirittura decisivo. Ben sapendo, tuttavia, che per il Sud, non può valere altro che l’obiettivo di un’autentica rinascita.
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