Quanto è avvenuto nella Lega Nord nei giorni scorsi è l’ultimo tassello di un rivolgimento generale che sta investendo la politica e che provoca nei cittadini un groviglio di reazioni e sentimenti non tutti decifrabili.
Da quando il governo del Paese è stato affidato ai 'tecnici', guidati da Mario Monti, sembra che l’Italia sia indotta a tracciare il bilancio complessivo del recente passato, e debba saldare tutti insieme (o poco per volta, secondo i punti di vista) i conti di responsabilità e colpe maturate nel tempo, di mali che non si erano voluti vedere e curare. Gli strati sociali più deboli pagano oggi il prezzo pesante di politiche economiche che per decenni non si erano confrontate con le disponibilità finanziarie reali, con i rapporti e la solidarietà tra generazioni nel mondo del lavoro. Partiti e sindacati, nella maggioranza o nell’opposizione, rimasti a lungo fermi nella difesa di pregiudiziali e di veri e propri tabù, all’improvviso devono abbandonarli per accettare le riforme delle pensioni, del mercato del lavoro, un inasprimento fiscale fino a ieri inimmaginabile. Infine, il Paese intero ha avvertito la necessità di una svolta profonda che elimini brutti guasti morali: il logoramento di spezzoni di classe politica che per stile di comportamento, intrecci di interessi e malaffare, aveva deluso i cittadini, perso la stima e il consenso di larghe fasce di elettorato.
Le vicende della Lega Nord hanno rinnovato e accentuato stupore e nausea, per la piaga della corruzione già emersa negli scandali di altri partiti, ma hanno aggiunto qualcosa di più, e stanno facendo crollare opinioni sottintese, mai poste in discussione. Si allarga il fossato tra cittadini e politica, viene meno pericolosamente la speranza che almeno alcuni partiti si distinguano da altri. Si consuma fino in fondo il convincimento per il quale il leaderismo, e l’identificazione di un movimento con una persona, possa costituire il vero alimento e il punto d’onore della politica, mentre matura l’opinione che la sua personificazione può generare mali dai quali è difficile liberarsi: toglie spazio alla discussione, favorisce una catena di comando fondata su adesione acritica e fanatismo, apre spazi a personaggi e interessi oscuri che si insinuano e vivono nelle pieghe della vita pubblica. Il contraccolpo è tale che potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza di qualche partito o movimento.
Non si tratta di un fenomeno nuovo nella storia italiana, ma oggi appare così dirompente da poter provocare la fine della cosiddetta Seconda Repubblica così come venti anni addietro determinò la crisi della Prima.
Dunque, non è in discussione soltanto l’onestà di alcuni politici, ma la fiducia stessa che la politica possa essere onesta, proprio mentre la società vive le sofferenze e le limitazioni di una crisi economica di cui non si vede la fine.
Verrebbe da dire che in questo panorama sconfortante un solo dato si conferma positivo, il fatto che il governo Monti, destinato a governare sino al 2013, offre lo spazio e il tempo ai partiti perché sviluppino una riflessione comune sui cambiamenti da realizzare. È finito anche il tempo nel quale ciascuno gioiva delle disgrazie degli altri, anche perché si ha l’impressione che queste disgrazie si riversino ciclicamente ora su una, ora sull’altra forza politica.
Nell’immediato tutti si attendono una risposta precisa su un punto: mettere sotto controllo l’uso del denaro, perché ci si è resi conto che se si distribuisce finanziamento pubblico in modo eccessivo e senza che alcuno ne debba rispondere, si pongono le basi perché la natura umana delle persone ceda alle tentazioni dalle quali è continuamente istigata e irretita. In prospettiva più ampia ci si attende che i partiti risalgano una china che hanno sceso molto in fretta, si ripropongano come soggetti capaci di elaborare idee e progetti, sappiano, se ci riescono, ridare nobiltà ed entusiasmo all’impegno di partecipazione cui devono essere chiamati i cittadini. Parlare di entusiasmo oggi è quasi paradossale, eppure soprattutto per i giovani una politica disgiunta da finalità alte e collegate al bene comune non farebbe che perpetuare una sfiducia e un senso di smarrimento che corre il rischio di trasferirsi dal mondo degli adulti alle nuove generazioni. Il tempo a disposizione non è molto, ma sufficiente perché i partiti facciano un generale esame di coscienza e sappiano presentarsi rinnovati, disposti a giocare la propria identità su idealità, progetti, valori, che non camuffino la realtà e spingano le persone a impegnarsi per ricominciare davvero daccapo.