Van der leyen in piedi, Michel ed Erdogan seduti ad ANkara - ANSA/AFP PHOTO /TURKISH PRESIDENTIAL PRESS SERVICE
Caro direttore,
"Gli uomini offendono o per paura, o per odio". Credo sia tutta in questa valutazione sulle virtù o i limiti del Principe elaborata da Machiavelli la traccia di discussione sulle relazioni tra Ue e Turchia, che ha trovato rappresentazione e sintesi nella ormai famosa fotografia irrituale che ritrae Ursula von der Leyen costretta alla seduta sul sofà, ai margini del palcoscenico riservato a Erdogan e Michel. Non a caso uso le parole rappresentazione e sintesi, perché onestamente meraviglia ci si potesse aspettare altro dalle relazioni tra Ue e Turchia se non l’offesa, lo “schiaffo” diplomatico e cerimoniale. Ma veniamo ai fatti, che contano sempre più delle polemiche.
Van der leyen in piedi, Michel ed Erdogan seduti ad ANkara - ANSA/AFP PHOTO /TURKISH PRESIDENTIAL PRESS SERVICE
Negli scorsi mesi abbiamo assistito al perseguimento di una linea di politica estera Ue, di Commissione e Consiglio, e delle relazioni con la Turchia improntata alla de-escalation. La giusta preoccupazione per l’aggressività di Erdogan nel Mediterraneo orientale ha suggerito una fase di dialogo per evitare che quell’aggressività potesse portare a tensioni non più controllabili, in un’area già calda. La Nato stessa ha perseguito l’obiettivo di raffreddare quelle tensioni. Così come era necessaria almeno una revisione e un adeguamento delle intese per il “contenimento” del fenomeno migratorio in particolare dalla Siria, sulle rotte balcaniche ed egea.
La presunta de-escalation, però, è stata condotta unilateralmente dalla Ue, confondendo aggressore con aggredito, parte lesa con parte offesa, con l’unico obiettivo di ridimensionare le tempeste che Erdogan scatena ciclicamente per propaganda interna e per stringere un cappio liberticida su oppositori, minoranze etniche, studenti e donne, in un delirio di protagonismo della Turchia nel Mediterraneo e in Medio Oriente che non trova fondamento né nella sua forza economica né in quella militare. Quel protagonismo è esattamente il punto di crisi della politica estera Ue. Quella sedia mancante ne è la rappresentazione. Continuare a confinare il Mediterraneo nell’angusta strettoia del fenomeno migratorio che, inutile nasconderselo, è per varie ragioni l’unica ossessione delle cancellerie europee, dimostra il fallimento della Ue, come potenza globale e, ancora più gravemente, persino come potenza regionale. E questo non è l’unico punto, né il principale.
Europeismo e atlantismo, quante volte ne sentiamo parlare? Nel corso della seconda metà del secolo scorso, pur tra non poche contraddizioni, questi due concetti, queste due coordinate geopolitiche, sono servite a indicare una scelta di fondo inequivocabile: lo sviluppo della democrazia e dei diritti umani e politici nella storia dell’umanità. La stessa ragione fondativa dell’Europa comunitaria non può che essere ricercata in questo spirito. Perché se la democrazia non si esporta, non può nemmeno essere merce di scambio di interessi particolari. E io continuo a pensare, per intenderci, che fermare i migranti alle frontiere non valga un solo minuto di galera di un oppositore a un regime.
Insomma, nessuna offesa può essere più subita. Né per odio, né per paura. Se europeismo significa ancora qualcosa, oggi, la sedia da occupare è quella lasciata libera nel Mediterraneo dalle nostre stesse paure e dalla nostra mancanza di visione.
* Parlamentare europea del Pd