Apriamo gli occhi, tutti assieme, il più possibile e nella direzione giusta, anche se non è facile con le luci dei riflettori mediatici che restano ostinatamente puntate sugli “spettacoli minori” del mondo, quelli tutti nero raccapriccio di cronaca e lustrini più o meno rosa. Apriamo gli occhi, e facciamoci le domande giuste. A cominciare da quella, enorme, mossa dalla constatazione che il presidente della Cei – all’inizio di questa settimana – ha riproposto all’attenzione di tutti coloro che colgono che troppo non quadra nella “resa dei conti” che va in scena – in questa fase – soprattutto nei confronti della vecchia (e incerta) Europa: la politica appare «debole e sottomessa» al cospetto delle immense speculazioni promosse da «coaguli sovrannazionali potenti e senza scrupoli» e i popoli, quelli poveri e quelli di nuovo impoveriti, pagano un prezzo enorme. Facciamoci le domande giuste e giriamole, come italiani, a chi ci governa, a chi paralizza l’Unione Europea, a chi siede (inutilmente) nel club dei Grandi del mondo. Facciamoci le domande, e facciamoci incalzante opinione pubblica. Perché non si tassa, una buona volta, la speculazione? Perché da anni e anni si continua a impedire la «Tobin tax»? Apriamo gli occhi e chiediamoci: come mai una “crisi” che almeno per tre volte ci è stata raccontata in via di esaurimento, invece, non finisce? Come mai sembra sempre ricominciare? Forse, anzi senza forse, perché non siamo solo dentro una crisi, ma siamo coinvolti in una vera e propria guerra. Una guerra non dichiarata, ma condotta senza tregua. Una guerra, l’abbiamo già scritto, che non viene combattuta da truppe e armi convenzionali, ma da autentiche ”armate” virtuali: miliardi e miliardi di dollari e di euro scatenati contro nazioni, democrazie, gente comune. Apriamo gli occhi. Le guerre non finiscono se non vengono riconosciute e dichiarate il gran male che sono. Ma soprattutto le guerre non passano da sole, per esaurimento. Bisogna fare la pace. E la pace non è pace senza disarmo e senza giustizia.