La pandemia ha, come ogni evento epocale che si rispetti, archiviato abitudini di colpo anacronistiche in virtù di nuovi fenomeni, desideri, sogni da inseguire. Di questa nuova tendenza se ne parla in tutto il mondo. Sempre più individui, e non parliamo di ragazzi ma di adulti spesso oltre i cinquant’anni, sentono il bisogno di cambiare vita, a partire dalla professione che svolgono.
Spuntano esperti come i life escape coach, capaci di aiutare, consigliare, chi vuole fuggire dalla propria vita per inseguirne un’altra. Insomma, progettare un diverso avvenire da vivere è la moda del momento, in tantissimi coltivano la speranza che una nuova città, un nuovo lavoro, potranno colmare quella insoddisfazione verso il proprio presente che la pandemia ha moltiplicato all’infinito. Il motore di ricerca Google, divenuto moderno 'albero dei perché' digitale, ha tra le ricerche più effettuate in tutto il mondo occidentale domande del tipo 'è possibile cambiare vita a cinquant’anni?' oppure 'cosa fare per rinnovare la propria esistenza?'.
Non si vorrebbe essere uccelli del malaugurio. Magari tra le centinaia di migliaia di individui all’inseguimento di una vita diversa ci sarà realmente chi, una volta avverato il cambiamento, potrà godere di una nuova felicità, un nuovo benessere psichico e fisico. Ma sarà parte di una minoranza, microscopica. Gli altri, tutti gli altri, tutti quelli che in buonafede avranno archiviato la loro vita che fu in virtù del nuovo, resteranno delusi.
Le novità, il nuovo contesto professionale, la nuova città, saranno utili per qualche tempo, come una giostra nuova appena montata all’interno del lunapark di sempre. Poi l’insoddisfazione tornerà a bussare alla porta. E sarà ancora più brutale, perché sapremo che non è nella fuga verso il nuovo che potremo affrontarla una volta per tutte.
Uno dei peccati della nostra epoca, forse di tutte, è chiamare le cose con il nome sbagliato, oppure attribuire a una causa un determinato effetto, di solito più blando, superficiale, rispetto al vero effetto che si scatena dentro di noi. La causa, da che uomo è uomo, è sempre la stessa. La nostra natura drammatica, la ferita che ci portiamo un millimetro sotto il costato, e la sacrosanta inquietudine di chi non accetta di sentirsi finito, con una scadenza, come una cosa che vaga per il mondo in attesa della sua fine.
A questa causa, vecchia quanto l’uomo, di volta in volta abbiamo avvicinato misere soluzioni, effimere, capaci solo di allontanarci da noi stessi e dall’unica verità possibile. Vivere sinceramente, con curiosità inesausta, l’unica domanda che nessun motore di ricerca potrà mai esaudire. Perché questo presentimento d’eternità? E perché l’amore? Invece di cambiare vita, torniamo a essere veri esploratori della nostra. E cambieremo anche il mondo. In questo senso, non occorre nessun cambiamento esterno, l’avventura sta tutta dentro di noi e chiede soltanto di essere vissuta in tutta la sua intensità, coinvolgendo i nostri simili, tutti quelli che non vogliono lasciarsi vivere.
È questa la vita nuova, e chiede tutto l’ardore di cui siamo capaci.