Nessuno dica che è morto per caso
sabato 12 settembre 2020

Caro direttore,
ha colpito e indignato tutti gli italiani la tragica vicenda umana di Willy, il ragazzo di 21 anni di origini capoverdiane pestato a morte a Colleferro, a pochi chilometri da Roma. Che cosa stiamo diventando? Quali valori stiamo trasmettendo ai nostri giovani, in questa epoca storica di populismi, di individualismi biechi, di slogan e di pratiche che di convivenza pacifica, libertà e democrazia hanno davvero poco? Se è vero che uno dei parenti del branco degli aggressori ha detto testualmente ai giornalisti: «In fin dei conti cosa hanno fatto? Niente. Hanno solo ucciso un immigrato», vuol dire che si sta diffondendo nelle nostre città un’idea terribile: che non tutte le vite umane siano uguali e degne di rispetto.

Un fatto o che ci riporta agli orrori della storia del Novecento. Ecco perché l’aggressione brutale a Willy non è stato un fatto casuale. Willy è morto a causa di questo clima di incitazione all’odio e alla violenza, di questa continua sequela di provocazioni, che trovano oggi un humus fecondo nel linguaggio sguaiato e senza alcun controllo dei social network, nella disinformazione organizzata, nella cattiva ideologia di chi vuole mettere in discussione ogni forma di solidarietà, di inclusione, di equità e lotta alle diseguaglianze sociali. Lo stesso clima che si intravede quando con indifferenza e cinismo si mette in discussione il dovere universale di salvare una vita umana che lotta per non affogare nel Mar Mediterraneo.

No, caro direttore, noi come sindacato non ci rassegniamo a questo veleno strisciante di intolleranza, di razzismo, di violenza. Certo, ha ragione chi sostiene: sono minoranze. È vero, ma non bisogna sottovalutare questi fenomeni. C’è un evidente malessere sociale, educativo, culturale nel nostro Paese, un malessere che la pandemia e la crisi economica hanno ulteriormente aggravato soprattutto in quelle periferie abbandonate ed emarginate dove regna la droga, lo sfruttamento degli immigrati, il lavoro nero, dove non ci sono servizi sociali, scuole attrezzate, impianti sportivi, presidi sanitari. Da lì bisogna ricominciare, utilizzando bene tutte le risorse che l’Europa comunitaria ci ha messo oggi a disposizione.

E bisogna far tesoro dell’esperienza positiva di tante Associazioni, penso all’Anolf della Cisl, alla Caritas, a Sant’Egidio, alla Papa Giovanni XXIII e ad altre importanti realtà cattoliche e laiche che hanno fatto della collaborazione e dell’inclusione un progetto serio e condiviso. Occorre una grande alleanza tra le istituzioni e le espressioni organizzate della società civile per contrastare il dilagare dell’odio razzista e della violenza in tutte le sue forme, attraverso i valori della coesione, della giustizia sociale, del lavoro, come opportunità di inclusione e di riscatto.

Questa è la battaglia culturale che la Cisl porta avanti, a partire dalla scuola e nei posti di lavoro, con un sentimento positivo di solidarietà e di rispetto per la vita umana. Dobbiamo farlo anche in memoria di Willy, che voleva solo mettere pace, difendere un amico. Willy, un ragazzo di 21 anni che voleva fare il cuoco e tifava per la Roma, che si sentiva italiano perché era italiano.

Segretaria generale Cisl

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