La Chiesa parla chiaro, e parla misericordioso. Chi se ne scandalizza, e magari "vede" il Vescovo di Roma in contrasto con la Curia, non comprende appieno il senso di quanto sta accadendo dentro e fuori la comunità credente. Non si tratta dell’abusata storia del poliziotto buono (il Papa) e di quello cattivo (la Curia), ma siamo di fronte a un unico modo di lasciarsi interpellare dalla realtà e di leggere i segni dei tempi.
Papa Francesco nell’Angelus del 27 giugno ha ribadito la necessità di essere misericordiosi e accoglienti, piuttosto che esibire giudizi di condanna, anche perché la coscienza delle persone è inviolabile: «È lo sguardo di Gesù: c’è tanta gente, ma Lui va in cerca di un volto e di un cuore pieno di fede. Gesù non guarda all’insieme, come noi, ma guarda alla persona. Non si arresta di fronte alle ferite e agli errori del passato, ma va oltre i peccati e i pregiudizi. Tutti noi abbiamo una storia, e ognuno di noi, nel suo segreto, conosce bene le cose brutte della propria storia. Ma Gesù le guarda per guarirle. Invece a noi piace guardare le cose brutte degli altri. Quante volte, quando noi parliamo, cadiamo nel chiacchiericcio, che è sparlare degli altri, "spellare" gli altri. Ma guarda: che orizzonte di vita è questo? Non come Gesù, che sempre guarda il modo di salvarci, guarda l’oggi, la buona volontà e non la storia brutta che noi abbiamo. Gesù va oltre i peccati. Gesù va oltre i pregiudizi, non si ferma alle apparenze, arriva al cuore, Gesù. E guarisce proprio lei, che era scartata da tutti, un’impura. Con tenerezza la chiama "figlia" (v. 34) – lo stile di Gesù era la vicinanza, la compassione e la tenerezza: "Figlia…" – e loda la sua fede, restituendole fiducia in sé stessa». E, poiché si tratta di guardare alla fede che salva, ha confermato la "carezza" dell’accoglienza, nella lettera a padre James Martin, da tempo impegnato nella pastorale verso le persone che la cultura dominante etichetta come lgbt: «Lo "stile" di Dio – scrive il Papa – ha tre tratti: vicinanza, compassione e tenerezza. Questo è il modo in cui si avvicina a ciascuno di noi. Pensando al tuo lavoro pastorale, vedo che cerchi continuamente di imitare questo stile di Dio. Tu sei un sacerdote per tutti e tutte, come Dio è Padre di tutti e tutte. Prego per te affinché tu possa continuare in questo modo, essendo vicino, compassionevole e con molta tenerezza». E lo "stile di Dio" è quello a cui dovrà ispirarsi lo "stile cristiano". Accanto e non contro la tenerezza e la compassione si colloca il richiamo alla libertà di pensiero, la quale si nutre proprio del rispetto della laicità e dell’alterità, assumendo le forme concrete del dialogo con le istituzioni e con la politica.