Si può essere santi su un campo da calcio, si può raggiungere la perfezione interiore suonando un violino, si può seguire le tracce di Dio attraverso i bit dei linguaggi digitali, si può far esplodere di colori la propria vita anche mentre si lotta contro un tumore. Si può. Ed è ciò che tanti giovani hanno fatto, lasciandosi coinvolgere nell’abbraccio infinito dell’amore di Dio senza timore di perdere se stessi, credendo, fidandosi e affidandosi. Stiamo parlando delle tante storie di millennials che hanno scelto di fare del Vangelo il loro punto di riferimento, soprattutto nei momenti più difficili, ad esempio quando hanno dovuto affrontare malattie terribili. Le loro storie – alcune delle quali appaiono questa settimana nella pagina Giovani all’interno del giornale – sono raccontate in libri, siti Web, pagine social, e dimostrano una cosa fondamentale: la santità è un orizzonte di vita che sa ancora affascinare, che continua a parlare alle nuove generazioni e che muove verso ideali di vita controcorrente.
Ma come? Perché mai una promessa di 'vita eterna' dovrebbe attirare i ragazzi del nuovo millennio, che si trovano immersi in un mondo in cui tutto è letteralmente a portata di tasca, appena al di là di uno schermo oppure all’arrivo di un viaggio low cost? La risposta forse sta nella bellezza e nell’autenticità della proposta cristiana: il Crocifisso, simbolo della vittoria della vita sulla morte, chiama a un’esistenza piena, a una corsa senza fine verso l’infinito. Le sue braccia aperte sono il segno di un amore che riempie e che non ha secondi fini. Sì, perché con i giovani non ci sono storie, o meglio, le uniche storie che sono disposti ad ascoltare sono quelle dei testimoni autentici, di coloro che si sono messi in gioco in prima persona. I ragazzi hanno dentro di sé un sesto senso che li predispone ad accogliere solo ciò che comunica loro vitalità, allontanandoli dagli angusti percorsi che li soffocano o dalle parole di coloro che 'predicano bene' ma si dimenticano del tutto di 'razzolare'.
Nel brusìo del mondo contemporaneo, invece, i giovani dimostrano spesso di saper individuare le voci autentiche, e soprattutto dimostrano di sapersi mettere in ascolto di quel silenzio in cui parla Dio. Facendo così ciò che papa Francesco descrive nell’esortazione apostolica sulla santità nel mondo contemporaneo Gaudete et exsultate: «Le continue novità degli strumenti tecnologici, l’attrattiva dei viaggi, le innumerevoli offerte di consumo a volte non lasciano spazi vuoti in cui risuoni la voce di Dio. Tutto si riempie di parole, di piaceri epidermici e di rumori a una velocità sempre crescente. Lì non regna la gioia, ma l’insoddisfazione di chi non sa per che cosa vive.
Come dunque non riconoscere che abbiamo bisogno di fermare questa corsa febbrile per recuperare uno spazio personale, a volte doloroso ma sempre fecondo, in cui si intavola il dialogo sincero con Dio?». Questa è la santità: saper riconoscere la voce di Dio in mezzo alle migliaia di voci che affollano il nostro spazio vitale. E i giovani, se incoraggiati da testimoni autentici, dimostrano di saperlo fare nella propria quotidianità, mettendosi con entusiasmo alla ricerca della 'perfezione'. Si tratta di una perfezione, però, ben diversa da quell’asfissiante concetto di 'eccellenza' che oggi rischia di annientare gli orizzonti di vita dei ragazzi. Essere santi non significa eccellere, non significa prevalere sugli altri, non significa infilarsi in modelli preconfezionati per rispondere alle richieste del mercato.
La santità è esattamente l’opposto: è il compiersi della propria essenza più autentica, è la capacità di tracciare una strada propria, è la voglia di offrire al mondo i talenti ricevuti in dono. Le storie di tanti giovani testimoni – alcuni dei quali scelti come 'fari' per la riflessione del Sinodo dei giovani dell’anno scorso – dimostrano che questo è possibile a prescindere dall’età anagrafica e che chi vive in questo orizzonte lascia un segno concreto, smuove le coscienze e cambia il mondo. Spesso, infatti, attorno alla loro memoria nascono veri e propri movimenti, che forse non assumeranno le dimensioni delle masse ma che aiuteranno molti a seguire l’invito di papa Francesco: «Non avere paura di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia».