Per quanto possa risultare sorprendente agli occhi europei, finora la lobby dei produttori, attraverso la National Rifle Association, è sempre riuscita ad affondare ogni proposta di limitazione troppo restrittiva al commercio di armi da fuoco facendo appello alla Costituzione. Essa infatti sancisce l’illegittimità di qualsiasi norma volta a impedire il possesso di armi da parte dei cittadini. Si tratta chiaramente di una prescrizione introdotta per impedire che un governo tirannico potesse disarmare quelle milizie che avevano conquistato agli americani la libertà dal giogo inglese, che nulla ha a che fare con la bramosia per le armi da fuoco che sembra attraversare una parte della società americana.
Parecchia acqua è passata sotto i ponti da quando la Costituzione, il Bill of Rights e i primi Emendamenti vennero approvati. E da molto tempo si discute negli Stati Uniti di quanto sia pericoloso il lasciar girare tante armi, sempre più potenti, lungo le strade delle città americane. Se in tutti questi anni la lobby delle armi avesse potuto far leva solo su una interpretazione letterale di un dettato costituzionale tanto anacronistico avrebbe avuto vita ben grama.
Evidentemente qualche cosa d’altro deve aver rafforzato l’interpretazione della prescrizione costituzionale, qualche cosa che ha fatto parte e fa ancora parte della cultura profonda di una porzione tutt’altro che irrilevante della società americana, di come essa si pensa e del suo mito fondante. Un mito basato sulla strenua lotta dell’individuo per affermare la sua libertà, per fare dell’America «la terra degli uomini liberi e la patria del coraggio ». E tanta parte della storia americana e della sua narrativa ha raccontato la lotta dell’individuo, innanzitutto, che si batte per rivendicare una libertà conculcata e, che proprio attraverso l’esempio del suo coraggio risveglia comunità spesso infiacchite e asservite dalla prepotenza dei pochi.
È l’eterna leggenda del cavaliere solitario che deve spesso combattere persino contro tutori dell’ordine corrotti, o vigliacchi, per difendere se stesso e i suoi concittadini, che tanti capolavori del cinema di John Ford ci hanno reso familiare. È proprio quella per un cambiamento della mentalità, collettiva e individuale, la lotta più dura che attende il presidente. Certo, per molti aspetti l’America appare pronta per un cambiamento tanto radicale, e una parte della società già ritiene che sia ormai intollerabile lo spettacolo di massacri ricorrenti cui assiste sempre più sgomenta.
Ma c’è ancora un’altra America, più rurale, conservatrice e sospettosa del governo e delle sue attività, che non ha nessuna intenzione di accettare la svolta. È l’America che ha fatto incetta di M16 di fronte alla prospettiva di un possibile bando delle vendite, nella speranza che quantomeno il possesso venga ancora consentito. Non si tratta di due Americhe contrapposte, pistoleri contro miti cittadini.
Sono piuttosto le due facce di una sola America che cercano di ricomporsi, entrambe comunque sgomente di fronte agli eccidi come quello di Newtown. A chi di noi fosse tentato di fare la morale occorre ricordare come sia difficile cambiare le mentalità sociali, le abitudini radicate, che siano quella di portare le armi, evadere sistematicamente le tasse o utilizzare strade e autostrade come fossero piste per gare automobilistiche.
Forse però qualcosa sta cambiando: ben più grazie alla consapevole azione politica di un presidente (pur non immune da errori) che non a causa dell’orrore provocato dalle ecatombi sempre più frequenti. Ci vuole coraggio per raccogliere la sfida di convincere una nazione che la sua sicurezza inizia dal suo (limitato) disarmo. Ci vuole lo stesso coraggio di quei cavalieri solitari che, ai tempi della Frontiera, cercavano di risvegliare la coscienza dei troppo miti a suon di pistolettate. E che oggi provano a farlo invitando tutti a riporre, quantomeno, i fucili d’assalto.