Caro Avvenire, esprimo la mia contrarietà a uno dei fenomeni più stupefacenti e negativi della nostra storia nazionale recente: l’affermarsi dell’animalismo, l’'umanizzazione' dell’animale. In verità, l’animale non è cosciente, non ha io, non pensa, non ha anima nel senso interiore del termine, non ha capacità logica, affettiva, emotiva, sentimentale. È solo un complesso di istinti, che a volte gli fanno assumere pose e sguardi esteriormente simili a quelli che nell’essere umano, a partire da una certa età, sono espressivi di stati interiori, mentre nell’animale non lo sono. Oggi il credo animalista imperversa, sostenuto da milioni di persone che non sanno distinguere ciò che appare da ciò che è, e negli ultimi anni ha portato all’introduzione in Italia di leggi assurde, con i cani che possono entrare dappertutto, persino in chiesa, nei supermercati, in ospizi e ospedali, e abbaiare liberamente disturbando vicini e passanti. Ma, se la natura umana non è in fase di irrimediabile declino, prima o poi questo finirà, la 'sbronza collettiva' passerà, si ritroverà saggezza e misura, si riscoprirà l’ottusità e insensibilità dell’animale e si dovranno revocare le leggi erroneamente prodotte. Il vero, giusto, sano amore per la natura è quasi il contrario dell’animalismo infantile oggi dilagante. (Poiché non voglio ricevere lettere di minacce e insulti di animalisti e cinofili, notoriamente arroganti e aggressivi, prego di non pubblicare il mio nome e il mio indirizzo email)
Lettera firmata
Magari, mi verrebbe da rispondere, «uno dei fenomeni più stupefacenti e negativi della nostra storia nazionale recente» fosse l’animalismo. Non la mafia, la corruzione, la disoccupazione giovanile, episodi di razzismo, ma l’animalismo. Cioè la passione, a volte eccessiva, di tanti italiani per gli animali. Che lieto Paese sarebbe il nostro, se a dividere fossero le leggi che ammettono o proibiscono l’accesso dei cani in spiaggia. Purtroppo così non è, e la innumerevole nostra quantità di guai dipende dai noi bipedi, e non dai quadrupedi. Perché arrabbiarsi tanto con gli animali allora? Io capisco il fastidio del lettore per certi eccessi sentimentali verso cani e gatti, che qualcuno tende a trattare effettivamente come bambini, dedicando loro cure come quelle che si riservano ai figli. Mi sembra però questa una conseguenza della nostra crescente collettiva solitudine. Nelle grandi famiglie di un tempo, piene di ragazzini, un cane era semplicemente un cane. Nelle nostre case vuote, e soprattutto per chi è solo, accade che l’unica presenza sia quella di un animale: e allora a quel cane e a quel gatto ci si lega come a un essere umano, e gli si attribuiscono pensieri e necessità che non ha. Quasi dunque una supplenza di affetti, è quella esercitata ormai dai nostri animali.
Fa sorridere questa Italia immaginata nella lettera, travolta da torme di cani scodinzolanti e abbaianti ovunque, anche negli ospedali. Mi chiedo dove viva il lettore che chiede l’anonimato. E cosa gli abbiano mai fatto i cani, per generare in lui tanto astio. Un animale, scrive, «non pensa, non ha capacità logica, affettiva, emotiva, sentimentale». Questo mi pare ben difficilmente sostenibile. Un cane non ha la razionalità e la logica di un uomo, ma dire che non abbia capacità affettiva ed emotiva è negare l’evidenza. Basta vedere come ogni cane impazzisce di gioia nel ritrovare il padrone dopo qualche ora di assenza, per capire che di affettività è generosamente dotato. Basta guardare gli occhi dei cani abbandonati nei canili, per capire che soffrono. E anche quanto a logica, poi, non ne sono sprovvisti.
Il mio cane si mette a dormire quando sono al computer, riapre gli occhi speranzoso quando lo spengo, se mi specchio e mi pettino si agita felice, perché sa che si esce. Contempla compito la cena dei gatti di casa, perché sa che poi tocca a lui. Certo, non trattiamo gli animali come uomini, caro lettore timoroso di ritorsioni, ma provi a guardarli con uno sguardo più buono. Come li guardano i bambini molto piccoli, sorpresi e felici di quelle strane creature pelose con cui istintivamente vorrebbero giocare. A me pare che con i cani e i gatti Dio ci abbia voluto dare dei piccoli, semplici, innocenti compagni. Forse proprio la loro innocenza è ciò che amiamo: perché un cane può magari – spesso per colpa dell’uomo – diventare feroce, ma non calcola, non trama, non tradisce. E in tempi di rapporti umani impoveriti e precari, di amori che durano mesi o pochi anni, la umile fedeltà di un cane diventa qualcosa di non scontato, di cui si può perfino essere grati.