Nella Diocesi Ambrosiana è ormai un appuntamento tradizionale la Settimana dell’educazione, che ogni anno si colloca tra il 21 gennaio (memoria della giovane martire Agnese) e il 31 gennaio (memoria di San Giovanni Bosco). Quest’anno però l’iniziativa si prolunga di altri cinque giorni, grazie alla presenza dell’urna di don Bosco. L’evento culminante sarà una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Angelo Scola la sera del 4 febbraio nella basilica di Sant’Ambrogio, alla presenza delle reliquie del Santo dei giovani. L’urna arriverà a Milano sabato mattina e verrà trasportata verso il Duomo a bordo di un tram.È l’occasione – per noi educatori, insegnanti, genitori – per riflettere sull’attualità di questa figura di grande "Santo sociale" della Chiesa e anche sulla straordinaria forza e modernità di alcune sue idee pedagogiche. Non c’è dubbio che don Bosco sia stato per molti aspetti in anticipo sui tempi. A metà Ottocento e soprattutto dopo l’Unità d’Italia i disegni di legge che si proponevano di rendere obbligatoria l’istruzione elementare non incontrarono il favore di tutti. Spiace dirlo, ma anche alcuni settori della Chiesa di allora non ne erano entusiasti, poiché si paventava il rischio che un’istruzione trasmessa in una chiave laica avrebbe corrotto le coscienze dei ceti meno culturalmente attrezzati, magari in una direzione atea, materialista e socialista (va da sé che il socialismo marxista di allora era altra cosa in termini ideologici da quello odierno). Ebbene, don Bosco comprende subito che si tratta di un rischio che va corso, con vigilanza ma senza paure. Così apre le sue scuole, per dare a tutti un’istruzione. In primo luogo l’istruzione professionale, per togliere dalla prospettiva della miseria e del crimine i ragazzi. Ma non solo quella: forse non tutti sanno che don Bosco è stato anche autore di decine di libri scolastici su diverse discipline (grammatica, letteratura, storia, geografia, matematica, geometria...).E oggi, al di là dell’ammirazione che nutriamo per don Bosco, che cosa può ancora insegnarci? Che cosa può dire agli insegnanti del 2014? Credo molto. Da ex-allievo salesiano ho avvicinato, da studente, il suo pensiero pedagogico e oggi da docente mi trovo spesso a mettere in pratica sue idee e suggerimenti. Credo anzi che la storia della pedagogia non abbia sufficientemente valorizzato l’apporto di don Bosco allo sviluppo, pratico ma anche teorico, di questa disciplina. Perché – ne sono convinto – senza don Bosco non avremmo avuto don Milani.L’idea-cardine è la centralità del singolo ragazzo nel processo formativo. Si tratta di far capire ai tuoi alunni che ciascuno di loro è importante per te, per quello che è, per quello che può dare, nei successi e nonostante gli inevitabili fallimenti. Spesso la scuola è invece il luogo in cui, più che le potenzialità, vengono enfatizzati gli errori. Si può e si deve far capire agli studenti dove hanno sbagliato, ma bisogna anche continuamente rassicurali (specialmente quelli psicologicamente più fragili e portati a demoralizzarsi) che si trovano nel posto giusto per correggere i propri errori e, soprattutto, per sviluppare le loro qualità.Di don Bosco, infine, mi piace un’altra intuizione. A volte per coinvolgere gli studenti, c’è bisogno di partire da loro, più che da quello che vuoi trasmettere. Per catturare l’attenzione dei ragazzi meno tranquilli e diligenti, don Bosco non esitava a mettersi a giocare con loro, magari improvvisandosi prestigiatore per stupirli, come diciamo oggi, "con effetti speciali". Nell’attuale contesto sociale questa è diventata una necessità: muovere dal mondo dei giovani (da ciò che li interessa e li incuriosisce, anche se magari si tratta di ambiti molto lontani dai nostri), per poi portarli a percorrere il cammino della conoscenza.