«Dev’essere vietata», senza se e senza ma. Lo scorso dicembre, l’Europarlamento di Strasburgo in plenaria era stato molto chiaro sulla maternità surrogata, definita come «contraria alla dignità umana della donna, il cui corpo e le cui funzioni riproduttive sono utilizzate come merci», secondo un emendamento votato nel quadro del Rapporto annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo. Poi, a febbraio, lo stesso appello è risuonato a Parigi fra le mura dell’Assemblea nazionale, la camera bassa con potere deliberante, dove sono state accolte le «Assise per l’abolizione universale della maternità surrogata», su iniziativa della vicepresidente socialista Laurence Dumont. Nella sala, tanti volti emblematici della sinistra francese, come l’eurodeputato dei Verdi José Bové e l’ex ministra della Giustizia Elisabeth Guigou, accanto alle rappresentanti di decine d’associazioni femministe di tutt’Europa. La surrogata «trasforma il bambino in un prodotto con valore di scambio, cosicché la distinzione fra persona e cosa si ritrova annullata», recita fra l’altro la 'Carta di Parigi', solennemente sottoscritta dai partecipanti.
M a nel frattempo, queste ed altre prese di posizione chiare ed autorevoli non sono bastate a scoraggiare il tentativo di sdoganare gli uteri in affitto presso un’altra istituzione del Vecchio continente, il Consiglio d’Europa, specializzato nei diritti umani e poco noto al grande pubblico, pur esercitando un’influenza spesso decisiva sulle legiferazioni nazionali. A Strasburgo, di fronte all’Europarlamento, ma sull’altra sponda del fiume Ill, l’assemblea indipendente che riunisce le delegazioni di deputati e senatori provenienti dai parlamenti di ben 47 Stati (Apce), compresi Russia, Turchia e Paesi del Caucaso, discuterà oggi in plenaria del rapporto De Sutter. O meglio, di ciò che resta dell’iniziale testo sulla surrogata affidato alla senatrice ambientalista belga Petra De Sutter, dopo un iter costellato da quattro bocciature e pieno di ricorsi ed ombre, sullo sfondo di proteste che hanno federato tante sigle 'progressiste' dell’associazionismo femminista europeo e importanti ong legate all’umanesimo d’ispirazione cristiana, promotrici di petizioni come 'No maternity traffic', firmata da oltre 100 mila europei e consegnata formalmente al Consiglio d’Europa.
U na nuova bozza volta ad 'inquadrare' le forme non commerciali degli uteri in affitto era stata bocciata il 21 settembre in Commissione affari sociali dell’Apce, riunita a Parigi. Ma per via dell’uscita dalla riunione di alcuni deputati, era sopravvissuta la 'parte B' del documento: la raccomandazione «Diritti del bambino legati alla maternità surrogata», rivolta al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, composto prevalentemente dai capi delle diplomazie. La protezione dei bambini è proprio il nuovo 'angolo' proposto in extremis dalla De Sutter per riesumare la logica di un 'inquadramento', contro il fronte sempre più vasto e determinato che giudica immorale regolamentare ciò che è semplicemente inumano. Mese dopo mese, di fronte alla sordità mostrata da certe alte stanze dell’'altra assemblea' di Strasburgo, la battaglia civile per l’abolizione è divenuta anche una lotta molto al femminile di donne idealmente al fianco di altre donne. In India, ad esempio, le 'gestatrici' sospinte verso le 'fabbriche di bebé' sono sempre donne succubi di prepotenze e violenze di ogni tipo. Proprio in India, del resto, ha sede la clinica
Seeds of innocence, specializzata nella surrogata a pagamento e fiera di poter vantare la propria cooperazione con il dipartimento di 'medicina riproduttiva' dell’Ospedale universitario di Gand, diretto da una certa Petra De Sutter. È solo il versante più fosco del conflitto d’interessi addebitato da mesi alla senatrice belga, che ha già praticato in patria l’utero in affitto 'non commerciale', approfittando di un vuoto legislativo nazionale. Ma neppure queste macchie sono bastate a interrompere i lavori al Consiglio d’Europa.
O ggi la plenaria potrebbe chiudere definitivamente questa partita cosparsa di macchie. È quanto si sono augurati ieri i partecipanti a un seminario tenuto a metà giornata a margine dei lavori al Consiglio d’Europa, promosso dai delegati italiani di ogni schieramento: Elena Centemero (Fi), Vannino Chiti (Pd), Eleonora Cimbro (Pd), Paolo Corsini (Pd), Adele Gambaro (Alleanza liberalpopolare-Autonomie), Florian Krombichler (Sel), Milena Santerini (Democrazia solidale-Centro democratico). Incaricata d’introdurre i lavori, quest’ultima riassume così l’incontro: «L’uditorio che ha partecipato, le associazioni e le Ong chiedono che, in nome dei diritti dei bambini, non si accetti il fatto compiuto della maternità surrogata, contraddicendo così i principi stessi del Consiglio d’Europa». A tirare le somme è stata invece Elena Centemero, per la quale «c’è una forma di discriminazione delle donne che sono eliminate, rese invisibili e ignorate nella maternità surrogata, attraverso lo sfruttamento della loro debolezza economica, culturale e sociale».
F ra i relatori, anche la militante femminista francorumena Ana-Luana Stoicea Deram, presidente del Collettivo per il rispetto della Persona (Corp), che aveva già promosso le assise parigine di febbraio. Per lei, «la raccomandazione sulla maternità surrogata non è imparziale, non ha in realtà per obiettivo la protezione dei bambini, ma il riconoscimento della surrogata ed è pericolosa». In proposito, ieri, restava palpabile il timore di un nuovo 'colpo di coda' istituzionale all’insegna del rilancio sotto altre forme di un mandato nella stessa direzione di quello appena scaduto. L’avvocato francese Jean Paillot, specialista di questioni bioetiche, è intervenuto a sua volta all’evento italiano: «L’abolizione sarebbe una soluzione molto semplice e molto chiara. Si può paragonare questo caso a quello della clonazione, che aveva suscitato inizialmente l’idea di una distinzione e opposizione fra clonazione terapeutica e clonazione riproduttiva. Ma alla fine, si è approdati all’abolizione totale, tanto erano profondi i dilemmi etici sollevati». Dall’Italia, è giunta anche Francesca Izzo, dell’associazione femminista 'Se non ora quando-Libere', già protagonista alle assise di Parigi.
C hi continua a rivendicare la surrogata come un 'diritto' per chi non può procreare tende spesso ad occultare il vento d’avversione verso la pratica che spira anche all’interno dell’associazionismo omosessuale, soprattutto femminile. Oltralpe, il Coordinamento lesbico in Francia (Clf), che raggruppa numerose sigle locali, è schierato contro l’utero in affitto dal 2001 e gli viene per questo riconosciuto un ruolo di precursore in questa battaglia. Ma anche nel nostro Paese è risuonato di recente l’appello promosso dalla ricercatrice universitaria Daniela Danna e firmato da una cinquantina di militanti lesbiche che chiedono «a tutti i Paesi di opporsi fermamente a tutte le forme di legalizzazione della maternità surrogata sul piano nazionale e internazionale, abolendo le (poche) leggi che l’hanno introdotta». È pure questa trasversalità di sensibilità dietro la stessa causa ad ispirare ormai paragoni con altre battaglie universali come la lotta contro l’apartheid o per l’abolizione della schiavitù. E l’Europa ha oggi un’occasione preziosa per mostrare l’esempio.
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