In questi due mesi i social si sono riempiti di mamme anatre che zampettavano per le vie delle città seguite da altrettanto zampettanti anatroccoli. E poi: delfini nei porti, balene nello stretto di Messina, cervi a passeggio nei paesi, conigli nei parchi cittadini e perfino un cavalluccio marino in un canale di Venezia, dopo polpi e meduse. E poi tanta acqua trasparente, nei fiumi, sulle spiagge, ovunque. Che bello! La sorpresa di una natura sotto casa, pronta a riprendersi spazi, occupati o deteriorati da noi umani. Anche l’aria era tornata a essere aria e non un mix di veleni, quello che un tempo si chiamava smog e che oggi abbiamo imparato, a nostre spese, a chiamare polveri sottili, CO2, NOX. I dati di Ispra e Enea parlano chiaro. Le centraline non mentono. Il lockdown, le molte fabbriche ferme, il traffico quasi a zero, hanno riportato l’aria alla sua composizione (quasi) naturale. E ci hanno fatto toccare con mano, se ce ne fosse stato ancora bisogno, da dove venga la "mal-aria" che fa ammalare e uccide anche senza Covid-19.
Importanti e seri studi in corso ci hanno già segnalato e ci diranno meglio quanto pesi la correlazione tra aree più inquinate, come alcune del Nord, ed effetti più gravi della pandemia. È comunque certo, e lo abbiamo visto bene, quanto un’economia e un modo di vita, quello che per due mesi è stato bloccato, provochi danni certi all’ambiente e alla salute. Quell’acqua pulita, quell’aria pulita, quegli animali che si riprendo spazi puliti, quella natura che non si sente più oppressa, parlano chiaro a chi vuole ascoltare. Dicono: "Guarda cosa hai combinato, guarda cosa mi hai fatto". Ma si vuole ascoltare? Anche papa Francesco ce lo ha ricordato in quell’indimenticabile serata in una piazza San Pietro vuota di persone ma piena di messaggi. «Non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro Pianeta gravemente malato». Già, malato, e gravemente. E mentre gli uomini morivano nelle terapie intensive o nelle Rsa, il Pianeta ha ripreso a respirare. Un insegnamento, un monito molto chiaro.
E ora? Tanti a proclamare "non sarà più come prima". Bene. Giusto. Ma poi arriva la Fase 2. Il 5 maggio esplode la Adler di Ottaviano. Fumi tossici nell’aria e operai feriti. Lo stesso giorno le riconquistate trasparenze del fiume Sarno tornano a essere travolte da fanghi e veleni. Il 7 maggio una grande chiazza nera si allarga nel mare davanti alla foce del canale Agnena a Castel Volturno. Ripartono i roghi nella "terra dei fuochi". Ma non è solo Sud. Il 15 maggio a esplodere è la 3VSigma di Porto Marghera, ed anche qui operai feriti e veleni nell’aria. Scene già viste. Come se nulla fosse successo.
Ma è questa davvero la ripresa che vogliamo, che ci serve? Qualcuno lo pensa e lo dice. Chi rilancia condoni, magari chiamandoli 'pace edilizia' come ha fatto il leader della Lega Salvini. Chi chiede di sospendere norme ambientali o sugli appalti, come il governatore della Liguria, Toti. Chi si lamenta per i 'troppi vincoli'. Poi, al primo temporale quasi estivo, il Seveso torna a inondare le vie di Milano. Come sempre, grazie agli improvvidi e assurdi ostacoli alla creazione delle vasche di laminazione ed espansione. Queste sì opere pubbliche utili, necessarie e che creerebbero lavoro.
C’è un’altra Fase 2 che è possibile e che piace, perché guarda avanti e non è nostalgica di quello che eravamo due mesi fa. La Fase 2 di chi vuole ripartire, ma innovando. Tenendo ferma la barra su una parola: sicurezza. Sicurezza per l’ambiente, per la salute, per i lavoratori. Nessuna ripresa vale una vita, un disastro ambientale, un inquinamento silenzioso e persistente. Finalmente con coraggio il governo ha riconosciuto la necessità di tutelare la dignità di centinaia di migliaia di lavoratori italiani e immigrati, vittime di sfruttamento. Un importante primo passo, un cambio di passo rispetto a norme assurde e liberticide come quelle contenute nei cosiddetti decreti sicurezza d’inizio legislatura. Un primo passo che speriamo diventi un vero cammino di cambiamento. Per tutelare in primo luogo la dignità delle persone, di tutte le persone. Il governo faccia lo stesso sui temi ambientali e di sicurezza industriale. Non torni indietro. Anche qui è in gioco la dignità dell’uomo, la giustizia sociale.
È davvero il momento di imboccare con convinzione la strada dell’ecologia integrale, della conversione ecologica che papa Francesco ci ha indicato nell’enciclica Laudato si’ che proprio in questi giorni compie cinque anni. E una Fase 2 che ci facesse fare passi indietro sarebbe il modo peggiore per celebrarne il compleanno. Quella conversione deve promuovere, in termini laici, la transizione a un modello 'verde', cioè pienamente sostenibile. Non basterà parlarne, non basteranno dotti convegni. Le chiacchiere stanno a zero, si dice a Roma. Servono fatti. Nuovi, che guardano al futuro leggendo bene il presente, che investono sulla speranza e non su vecchie rendite. Serve un progetto con una nuova visione di economia e sviluppo. Non passi indietro ma sguardo al futuro coi piedi ben piantati in terra. Già tante esperienze hanno dimo-strato, ancor prima della pandemia, che non è sterile utopia, ma concreta e solida realtà. Da non tradire per vecchie scelte che favoriscono i soliti sfruttatori, di risorse e di vite. Altrimenti, prima o poi, questo 'pianeta gravemente malato' e i tanti, troppi, poveri ce lo ricorderanno. Non è ancora troppo tardi per prendere la rotta giusta. Siamo davvero tutti «sulla stessa barca», come ci ha ammonito Francesco. Non possiamo permetterci più di sbagliare rotta.