In questi giorni si è parlato tanto – e giustamente – della siccità che sta creando problemi enormi alla nostra agricoltura e peggiorando la situazione già critica della distribuzione delle acque soprattutto al Sud. Effetto del riscaldamento globale. Ma c’è un’«emergenza» di cui ancora non si sta parlando, per la quale in genere si lanciano allarmi solo quando è troppo tardi: quella che riguarda gli effetti che le ondate di calore hanno ogni anno sulla popolazione anziana. Il ricordo della terribile estate del 2003, che fece migliaia di vittime in Europa, in particolare in Francia e in Russia, sembra affievolito. O meglio, si riaffaccia solo quando il caldo diventa insopportabile per tutti, come in questi giorni in cui si sono manifestati picchi di calore. Gli anziani soffrono con l’arrivo del caldo per motivi che molti sanno, ma che è bene ricordare. I pericoli maggiori sono quelli legati alla disidratazione e all’aggravamento delle patologie cardiache, ma i rischi aumentano per i soggetti più fragili, come chi fa abuso di alcool o soffre di malattie psichiche.
C’è però una malattia in più, che si chiama isolamento e che in certi casi può rivelarsi fatale: spesso si viene ospedalizzati – e talvolta si muore – semplicemente perché si è soli, perché non si sa a chi chiedere in tempo aiuto, perché non c’è una rete attorno a sé, come richiederebbe l’età avanzata. Anzi, come sarebbe diritto avere. A Roma, solo per fare un esempio, si calcola che viva da solo oltre il 44 per cento degli abitanti. E sono 250 mila gli anziani single, cioè il 41 per cento degli ultrasessantacinquenni, percentuale che sale fino al 52,2% per gli ultraottantacinquenni. Numeri analoghi vantano anche le altre grandi città italiane.
Sono cifre che fanno capire quanto il fenomeno sia rilevante e quanto riguardi tutta la società. Se infatti è per loro (o noi) anziani che dobbiamo agire subito è per tutti che dobbiamo ripensare le nostre città in modo da renderle più vivibili per chi ha superato una certa età. Un Paese con sempre più persone anziane, così come ci prospettano i progressi della medicina, richiede di avere preoccupazioni diverse da quelle dell’Italia del boom economico degli anni Cinquanta e inizio Sessanta, che hanno coinciso anche con il "baby boom": sostenere le famiglie giovani con figli, e appunto prendersi davvero cura dei nostri vecchi.
Occorre favorire il più possibile la garanzia di un diritto fondamentale, quello di restare a casa propria. Ma ciò può avvenire solo realizzando una serie di politiche sociali che non si basino sul mero risparmio (certe spending review che non eliminano gli sprechi ma tagliano la spesa sociale) e favoriscano la famiglia e aiutandola concretamente quando si trova a sostenere al suo interno una persona fragile come l’anziano, senza costringerla a ricorrere ad istituzionalizzazioni improprie. Soprattutto evitando che l’innalzamento dell’età media e delle aspettative di vita diventino addirittura un business. Basta vedere quanto sia aumentata la presenza, nell’hinterland delle grandi città delle cosiddette "villette", piccoli o medi istituti che possiedono migliaia di letti non censiti (a Roma oltre 5mila) – perché non appartenenti alle Rsa o ad altre strutture ufficiali – dove la qualità dell’assistenza e le condizioni di vita sono spesso precarie.
Isolamento sociale e precarietà economica accompagnano la vita di tanti anziani durante tutto l’anno. Ma d’estate costituiscono un fattore di rischio molto elevato. Parlare di questa fascia di età non vuol dire guardare al passato bensì al futuro delle nostre società, a nuovi scenari di vita che dobbiamo costruire oggi per non ritrovarci domani davanti a "imprevisti" che si potevano e dovevano gestire altrimenti.
C'è invece un "previsto" che non esisteva fino a pochi anni fa, se non in misura ridotta, e che non esiste ancora in tanti Paesi del Sud del mondo: si chiama vecchiaia, esistenze lunghe e ricche di vita buona, anche se fragili. Rendiamole un valore per tutti cominciando a proteggerle in questa estate così calda. Chiedendo di costruire "reti" alle istituzioni, ma anche accorgendoci di chi ci sta vicino o ci abita accanto e magari ha bisogno di aiuto. Spesso suonare a un campanello o fare una visita può salvare una vita in queste condizioni di caldo. C’è da stabilire un’alleanza che riguarda tutti e che può partire anche dal basso.