È la memoria viva che vaccina
sabato 25 aprile 2020

La Festa della Liberazione ricorda il giorno in cui ci siamo liberati di fascismo e nazismo, e oggi pare una liberazione ovvia e banale, perché due ideologie come quelle ci sembrano nate per dissolversi presto, non potevano durare e dominare il mondo, e dunque dove sta il miracolo? Così dicono quelli che non hanno visto quelle ideologie all’opera, non ne hanno patito la potenza. Ma chi l’ha patita ha avuto paura.

Ho parlato con Pietro Ingrao e lui confessava che quando la Wehrmacht sferrò l’attacco all’Unione Sovietica, varcò i confini e puntò con le colonne corazzate su Mosca, arrivando a un tiro di cannone, «noi tutti - diceva Ingrao - eravamo paralizzati dallo spavento e ci chiedevamo: e se ce la fanno?».

Oggi pare incredibile, ma la liberazione di Stalingrado non era affatto scontata e ha avuto qualcosa di portentoso. Primo Levi era imprigionato nel Lager e tutti quelli che erano con lui non vedevano nessuna possibilità di salvarsi, mai, e quando d’improvviso le SS scapparono e al cancello apparvero i soldati russi a cavallo, «nel nostro cervello - dice Levi - i ricordi delle grandi salvazioni bibliche arrivarono come un vento».

Ogni anno, il 25 Aprile, mi torna in mente quella paura di Pietro Ingrao e di Primo Levi, e mi chiedo con loro: «E se ce la facevano?». Ogni anno mi pongo questa domanda. Non posso pensare al 25 Aprile senza pensare a quella paura. Anche adesso. Nel concetto di salvazioni bibliche è compreso il concetto di intervento divino. Io ero piccolo, abitavo in campagna, e nel mio microscopico paese, militarmente insignificante, per la strada in ghiaia, nascosta dalla vegetazione, che solcava i campi, ho visto passare la Wehrmacht in ritirata: su due file, a destra e a sinistra della strada, con i carri armati al centro, sfilava ordinata e silenziosa ed era infinita, reparti su reparti. Poteva combattere ancora per mesi, per anni. Poteva difendersi e attaccare.

Aveva tutto, l’esercito tedesco. Non aveva aerei e per questo si nascondeva in stradine secondarie, per non essere vista dall’aviazione nemica. I partigiani facevano saltare i ponti, e questo obbligava i tedeschi a cambiare strada. Ma l’insurrezione generale del 25 Aprile in tutti i territori occupati dai nazifascisti, quando ancora l’arrivo degli Alleati non si vedeva all’orizzonte, fu un gesto coraggioso, eroico, temerario. La riuscita di quell’atto pose fine al Ventennio fascista.

È la fine di quel Ventennio che ricordiamo oggi. Facendo festa. I pochi, sempre più pochi, che non fanno festa è perché hanno un qualche legame sentimentale e nostalgico con l’ideologia autoritaria e repressiva del Ventennio. Non vogliono passare all’idea opposta, della libertà e della parità, non vogliono o non riescono. Pur di evitare la Festa della Liberazione son pronti a inventare feste intermedie, che vadano bene per ognuno, tipo una Festa di tutti gli Italiani, oppure una Festa per i Guariti dal Covid, come se chi sostiene la Festa della Liberazione non sostenesse la guarigione dal Covid.

Per chi aveva visto i regimi dittatoriali dispiegare tutto il loro potere oppressivo e repressivo, l’insurrezione e la liberazione arrivarono, per dirla con Primo Levi, come l’intervento divino nelle grandi salvazioni bibliche: oggi ricordiamo quell’intervento, e lo facciamo a futura memoria. Il 25 Aprile non dovrebbe agire una tantum, ma dovrebb’essere una vaccinazione. Per questo lo ricordiamo, per attualizzarne l’efficacia.

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