Tra le tante cifre e le suggestioni contenute nel rapporto annuale dell’Istat presentato ieri c’è un dato che più di tutti fotografa il momento critico e rende l’idea di quanto sia urgente un intervento a favore delle famiglie con figli. È il ruolo sempre più attivo e decisivo dei nonni nella cura dei nipoti, il loro coinvolgimento in termini di tempo, affetti, risorse. Senza i nonni probabilmente l’Italia sarebbe franata in questi anni di crisi, lo si è detto molte volte, e tante famiglie non ce l’avrebbero fatta a conciliare la vita col lavoro o persino ad arrivare a fine mese.Questo meraviglioso elemento di forza della nostra struttura sociale è però allo stesso tempo un fattore di grande debolezza. I nonni sono diventati sempre più indispensabili e presenti anche perché, come dimostra il rapporto dell’Istituto di statistica, è aumentata la disoccupazione dei genitori, molti più giovani, anche con buoni titoli di studio, sono rimasti in famiglia in attesa di un lavoro, è calato l’impegno dei Comuni per gli asili nido lasciando a casa molti piccoli, e la spesa sociale ha svolto male il suo compito: ha permesso cioè che la disuguaglianza aumentasse, ma soprattutto ha lasciato che la crisi pesasse molto di più sui minori, spingendoli verso la povertà.Ciò cui si è assistito in questi anni è stato un eccezionale capovolgimento generazionale in termini di bisogno. Prima del 2000 l’incidenza della povertà relativa riferita agli anziani era di 5 punti superiore a quella dei minori, oggi quella dei nipoti è quasi raddoppiata e ha raggiunto il 19%, mentre i nonni restano 10 punti sotto. Queste cifre spiegano bene la ragione per cui il legame tra bambini e anziani è andato rafforzandosi con l’avanzare della crisi: come una stretta di mano sempre più necessaria per non lasciare affondare il futuro rappresentato dalle giovani generazioni. Contemporaneamente denunciano però anche tutto il limite del welfare italiano.Basta poco a mettere in luce l’origine dei problemi. Il quadro che emerge dall’analisi del sistema di protezione sociale italiano – per l’Istat «uno dei meno efficaci in Europa», con «la spesa pensionistica che comprime il resto dei trasferimenti sociali» aumentando il rischio di povertà – è impietoso: non solo è aumentata la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, ma è diventato più difficile riuscire a migliorare la propria condizione. Il cosiddetto "ascensore sociale" è fermo al piano terra: chi sperimenta condizioni di svantaggio da giovane ha alte probabilità di restare ai margini anche da grande. La povertà, insomma, ha preso di mira i minori, ed è ereditaria. E lo scenario in cui questo si manifesta è quello di un Paese nel quale risaltano le emergenze indicate con forza anche dall’ultima assemblea dei vescovi italiani: lavoro, famiglia, demografia.Cosa fare è quasi scontato. Va rivoluzionato, e al più presto, il sistema dei sostegni alle famiglie, va riequilibrata la spesa sociale guardando ai minori, va aperto il cantiere della riforma fiscale favorendo i nuclei con prole. L’intervento necessario può fondarsi su due pilastri: un sussidio universale mensile per ogni figlio (la direzione verso cui tende ad esempio la proposta Lepri firmata da 50 senatori Pd), e un sistema fiscale rivisto in virtù del "Fattore famiglia" proposto dal Forum, cioè non tagliando le aliquote per premiare il ceto medio in modo indiscriminato, ma ampliando la "no tax area" in virtù del numero dei carichi familiari.La politica ha l’opportunità e il dovere di trovare convergenze al di là degli schieramenti, per non perdersi nell’ennesima sfida di "piani per la famiglia" che servono solo a ravvivare la campagna elettorale e poi restano in vita solo per i motori di ricerca su internet. C’è bisogno di rimettere in piedi i poveri e il ceto medio con figli, non di distribuire soldi a pioggia. La solidarietà tra generazioni è stata ed è la forza dell’Italia, tuttavia un Paese non può pensare di vivere aggrappandosi solo ai nonni, al loro affetto, che è cosa buona, ma poi soprattutto al loro tempo e alla loro pensione. Restare fermi oggi equivale a mettersi contro.
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