giovedì 1 dicembre 2016

Quali siano le strategie ottimali per combattere la violenza sulle donne nessuno è stato finora in grado di stabilirlo. Ne vengono proposte molte e molto diverse, alcune più convincenti, altre meno plausibili. Poiché però il fenomeno, oltre che intollerabile e vergognoso, è vistoso e, per quanto appare, si sta dilatando, è giusto metterle tutte alla prova. Da parte mia, ne vorrei proporre una, che non ha la pretesa di risolvere la complessità del problema, anzi che è obiettivamente molto circoscritta. Propongo un impegno pubblico e condiviso contro la maleducazione in tutte le sue forme private e pubbliche (a partire dall’oscenità).

Ritengo che valga la pena provare anche questa strategia, se non altro perché Laura Boldrini, la presidente della Camera dei deputati, mi pare si sia mossa in qualche modo in tal senso, rendendo pubblici sia i contenuti che i nomi dei mittenti di molti incredibili post, che da tempo le vengono inviati: messaggi minacciosi e osceni oltre ogni misura e già solo per la loro oscenità oggettivamente violenti. Su queste pagine Antonella Mariani ha già commentato sabato scorso, 26 novembre, tale autorevole (e centrata) scelta, e qui a me interessa allargare un po’ la riflessione ritessendo le fila di un discorso molto caro ad 'Avvenire' e ai suoi lettori.

Non si tratta, deve essere ben chiaro, di riaprire vecchie e ammuffite battaglie moralistiche contro la pornografia e a favore della difesa del 'buon costume'. Non abbiamo alcuna prova (può dispiacere dirlo, ma è così) per poter asserire che la pornografia o le pratiche che offendono il buon costume siano propriamente 'criminogene' e meritevoli di repressione penale. Ma di una cosa possiamo essere certi: esse abbassano la soglia della 'buona educazione', fin quasi ad azzerare la rilevanza di questa categoria. E la buona educazione è preziosa, checché ne dicano i fautori della 'trasgressione' a ogni costo, che continuano, a torto, a ritenere che le 'buone maniere' altra funzione non abbiano che veicolare formalismi sociali di ogni tipo, volti a comprimere la creatività personale. Non è così.

La 'buona educazione' possiede un valore intrinseco che va preservato, perché ci abitua e, quindi, ci aiuta a prevenire forme di arroganza e di violenza verso gli altri che possono manifestarsi in forme ben più sottili e incisive di quanto usualmente non si creda. Basti fare qualche esempio. Coloro che alzano intenzionalmente la voce perché tutti possano ascoltare il loro turpiloquio, coloro che trascurano intenzionalmente la propria igiene personale, imponendo agli altri prossimità sgradevoli, coloro che 'sgomitano', per ottenere precedenze ingiustificate o che feriscono l’altrui sensibilità con comportamenti grossolani e provocatori, coloro che non ritengono di dover sottoporre ad alcuna forma di controllo (o, peggio ancora, di autocensura!) le loro 'preferenze' sessuali non sono solo dei 'maleducati': sono portatori di una pretesa inaccettabile, quella per la quale è sempre legittima l’esibizione pubblica della propria pretesa 'autenticità', per quanto grossolana, rumorosa, maleodorante, prevaricatrice essa possa essere. Pensare che ogni 'stile di vita' abbia una sua legittimazione e vada sempre e comunque ritenuto insindacabile, fino ai casi estremi in cui si manifesti di tale aggressività fisica da doversi ritenere socialmente sanzionabile, è uno dei più grandi errori che caratterizzano il nostro tempo.

È evidente che non spetta al codice penale combattere la maleducazione (se non in situazioni assolutamente estreme): questa si manifesta in forme talmente molteplici e il più delle volte così inaspettate da non poter essere gestite dal diritto e dai suoi strumenti, ahimè troppo grossolani. La maleducazione va combattuta in un modo diverso, altrettanto incisivo: isolandola, cioè attivando nei confronti dei maleducati una concreta riprovazione sociale e cessando di valutare in modo benevolo o scherzoso comportamenti, spettacoli, pubblicazioni, immagini pubblicitarie, dichiarazioni politiche che ne appaiano inquinati (come purtroppo ci siamo ampiamente abituati a fare). Non per questo il tasso di violenza contro le donne sarà necessariamente portato a diminuire; ma potrà diminuire almeno in parte quell'arroganza psicologica tipicamente maschile, nei confronti della quale le donne sono particolarmente indifese, perché, per combatterla davvero, dovrebbero contraccambiarla, cadendo così in un diabolico circolo vizioso.

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