La notizia, diffusa l’8 agosto, è nota ma, se per qualcuno non lo fosse, eccola qua: la John Templeton Foundation (Philadelphia) ha dato incarico al filosofo americano John Fischer (università di Riverside, California) di cercare l’immortalità. Esatto. Un progetto in cui trascinare scienziati, filosofi, teologi. Il tutto per cinque milioni di dollari. Tempo: tre anni. Con l’Immortalità, i suoi dintorni: l’Infinito, l’oltrevita, l’evoluzione, il libero arbitrio, le esperienze extracorporee, quelle pre-morte e di vite precedenti. Poi il perdono. Poi l’amore. Stravaganze? Americanate? Andiamoci piano.Simone Weil, che la sapeva lunga, era convinta che una delle ragioni per cui si sa poco o nulla dell’Aldilà è che non lo si investiga abbastanza. Così come ogni "ritrovato" della scienza nasce dopo una lunga, spesso lunghissima incubazione fatta di studi, ricerche, fallimenti, prove e, oggi, simulazioni iperrafinate al computer, allo stesso modo l’Ignoto dello Spirito avrebbe bisogno di trovare, al di là di visioni, locuzioni interiori, folgorazioni, estasi, una sua legittimazione, un fondamento di "sensate esperienze", un patrimonio dimostrato. Oggi nessuno mette in dubbio e tutti sfruttiamo la meccanica quantistica, ma ci si è arrivati solo attraverso un cammino scientifico che certo, per strada, ha trovato i suoi geni, ma che mai ci sarebbe stato se nessuno l’avesse sostenuto, finanziato, sorretto, incentivato. Ora per il Metafisico, in questo senso non è stato fatto niente. Mai speso, seriamente, ufficialmente, un dollaro.Adesso di dollari John Fischer se ne ritrova, di colpo, cinque milioni e con quelli può dare corso alla ricerca. Per quanto ci riguarda, c’è da accompagnarlo con ogni augurio, ma anche con la riflessione che noi all’anima e alla sua immortalità crediamo perché siamo creature fidenti. Noi crediamo nell’Aldilà e in tutto ciò che sta oltre questa vita così come crediamo nella risurrezione della carne. L’ha detto Gesù Cristo. Ci ha detto che avremo la vita eterna. Sta scritto nel Vangelo che l’avremo e il Vangelo è per noi inconfutabile parola di Dio. Noi crediamo nel Vangelo, noi sul Vangelo fondiamo la nostra fede.Difficile fede, peraltro. A vedere e sentire ciò che ci sta intorno vengono in mente le parole di Gesù: "Al suo ritorno il Figlio dell’Uomo troverà ancora la fede sulla Terra?" (Lc 18,8).Non può essere definito un dato di nicchia la nostra fede, ma nemmeno (nemmeno più) un discorso universalmente coinvolgente. Né di tutti i giorni. Non c’è, purtroppo non vedo, la fede nei comportamenti di tanti miei simili. Personalmente conosco, frequento e sono amico di diverse persone che non credono. E che, di conseguenza, non pregano e probabilmente non sperano. Giorni fa, in provincia di Teramo, due coniugi anziani sono stati trovati impiccati. Un tempo credevano e avevano perso la fede? O non l’avevano mai avuta? La crisi che attraversiamo può anch’essa, terribile come per molti si presenta, non aiutare la fede a crescere, svilupparsi, mantenersi, resistere. Conosco un ragazzo credentissimo che non trova lavoro e tutti i giorni va in chiesa e prega, prega, ma finora senza risposta. Conserverà la fede? In compenso una mia vecchia amica, non credente, giornalista in pensione, non più ragazza come si ritrova, continua a viaggiare, su un aereo giù da un altro, alla ricerca di chissà cosa e, in fuga, azzardo, dall’urgenza di farsi domande. Se trovasse la fede si calmerebbe? Credo di sì, ma sono tutte interrogazioni alle quali non penso che potrà rispondere un’indagine sul transfinito (per dirla alla Cantor) qual è quella affidata a Fischer.Tuttavia, come dimostra in queste ore anche l’ossessione di trovare vita su Marte, l’incarico dato al filosofo di cercare l’Immortalità dice che accontentarsi di non sapere non si può. Siamo nati per sapere, siamo nati per capire. Aveva ragione Simone Weil. Cercare si deve e, che lo si faccia anche con iniziative che possono sembrare strampalate, a me sembra un bene. Perlustrare, investigare, esplorare non soltanto nei laboratori della scienza fine a se stessa, ma anche al di fuori e al di là, al di sopra e nell’oltre. Così l’uomo faceva un tempo, con i mezzi che aveva: la sua testa, la sua anima. Oggi, con tutto ciò che la scienza gli mette tra le mani, era ora, diciamolo, che si rimettesse a farlo.