Sentirsi accolto, trovare interlocutori attenti e interessati fa tanto bene al cuore. Essere ringraziato per il contributo che stai dando a una battaglia nobilissima e civile per amore della tua terra e della tua gente ti fa riprendere il cammino con più lena. Venerdì scorso, al Viminale, c’è stato l’incontro del ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri. con una rappresentanza del “Coordinamento comitati fuochi”. C’ero anch’io con i volontari che lottano strenuamente per ridare dignità e salute alla loro terra, a se stessi e ai loro cari.
«Oltre che campani – hanno ribadito al ministro – siamo italiani ed europei». Nei luoghi a Nord di Napoli e Sud di Caserta affondano le nostre radici. La nostra è una terra elegante e vanitosa. Fertile e generosa. Per secoli ha dato da mangiare ai nostri antenati chiedendo in cambio solo il sudore delle loro fronti. Terra fedele che non ha mai tradito, viene oggi denigrata e bistrattata. Insozzata e avvelenata.
Langue la nostra terra. Geme. Ma non vuol morire. Si lamenta, ma non cede. Invoca aiuto. Ci rammenta il suo passato. Se muore ci condanna a morte. Se risorge anche noi torneremo a vivere e a sperare. Lo abbiamo gridato tante volte. In questa striscia di terra avvelenata, in questo “triangolo della morte” non si sta consumando solamente un danno ecologico dalle dimensioni immani. No, il nostro è un vero dramma umanitario. Qui il cancro falcia vite più che altrove. Qui ai nostri bambini viene rubata l’aria per respirare, il pane da mangiare e lo spazio per giocare. Ma – cosa orribile e impensabile – non si trova chi è disposto ad ascoltare. Anche se è quello il suo dovere. Incredibile. Fanno orecchie da mercanti.
Fingono di cadere dalle nuvole. O, peggio, alla fine incolpano le vittime di essere “ incivili”. Gli animi, allora, si fanno tristi. La speranza comincia a emigrare e non vuol più tornare. Gli uomini retti, onesti – insostituibili colonne della società – alla fine tirano i remi in barca. Afflitti e scoraggiati si fanno cupi e pessimisti. Accorciano lo sguardo. «Andare via. Scappare. Mettere al sicuro i figli». Anche se qui lasceranno il cuore. Non è possibile. Questa non è vita. Questa è una vera condanna a morte.
Combattere, allora. Con le armi della ragione che tutti ci accomuna. E della fede, per chi ha la grazia di averla ricevuta in dono. Combattere per non cedere.
Per ridare gioia a chi è venuto dopo. Combattere perché l’uomo non venga calpestato. Perché la dignità sia a tutti assicurata. Chiamare a raccolta i buoni. Ovunque abbiano a trovarsi. A qualsiasi schieramento politico dicano di appartenere.
Continuare a cercare interlocutori. Senza stancarsi mai. Anche se si allunga la lista di chi ci ha deluso.
Anche se in troppi non hanno mantenuto la parola data. Gli uomini cambiano. Cambiano i tempi e le occasioni. Forza. Avanti. Venerdì, abbiamo trovato un interlocutore di squisita umanità: il ministro Annamaria Cancellieri. Alla vista delle orribili foto delle campagne scempiate, delle montagne di immondizie tossiche bruciate, dei fumi neri che, minacciosi, sovrastano le città, la gentilissima signora ha esclamato: «È una tragedia... un vero disastro... è terribile... mamma mia!». Infine, ha quasi sussurrato: «Avevano detto che l’emergenza era stata superata...». Già. Lo abbiamo sentito più volte. Chi lo ha detto? E perché mai? Quanti e quali interessi occulti si nascondono dietro questa tragedia? Una sciagura che sta decimando un popolo. La signora ministro ci ha promesso che avrebbe fatto tutto ciò che è in suo potere e di ascoltare, quanto prima, i ministri per l’Ambiente e quello per la Salute. Ci salutiamo. Una Madonnina dalle mie mani scivola nelle sue. La Provvidenza, che non ci abbandona mai, ha trasformato l’increscioso incidente avvenuto qualche giorno prima in prefettura a Napoli, in un’opportunità per rilanciare al mondo l’allarme sui rifiuti tossici industriali interrati o dati alle fiamme nelle nostre campagne.